Annullate in Appello le condanne per abuso d`ufficio inflitte agli amministratori di Leonessa
Interesse pubblico, sindaci assolti
I giudici: Rauco, Trancassini e i consiglieri non agirono per fini personali.
Se l`amministratore compie atti amministrativi nel preminente interesse pubblico,
pur nella consapevolezza che il privato ne trarrà un vantaggio, non è colpevole.
Ad affermarlo è stata la Corte d`Appello che, annullando le condanne a un anno di reclusione
per abuso d'ufficio inflitte nel 2011 dal tribunale di Rieti a un gruppo di amministratori di
Leonessa, ha detto che le delibere e i permessi illegittimi per costruire firmati durante i
rispettivi mandati, dai sindaci Trancassini e Rauco, non perseguivano un interesse politico
personale-elettorale ma piuttosto un fine pubblico. E` mancata, ad avviso dei giudici
di secondo grado, al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova del dolo intenzionale. Di qui,
l`assoluzione perché il fatto non costituisce reato.
"Gli abusi? Si, ci sono stati, perché l`intero iter amministrativo sfociato nel rilascio di
di venticinque permessi per costruire a favore di due privati risulta caratterizzato da plurime
violazioni di legge ed ha determinato, come diretta conseguenza, un notevole e ingiusto vantaggio
patrimoniale ai beneficiari. Ma non c`è stata una volontà precisa (dolo intenzionale) nel favorire
quest`ultimi, poiché gli amministratori si sono mossi perseguendo come obiettivo primario il fine
pubblico..."
E` uno dei passaggi delle motivazioni con le quali la terza sezione della Corte di Appello di Roma,
annullando la sentenza di condanna a un anno di reclusione per abuso d`ufficio (confermata la
prescrizione per le contravvenzioni edilizie), emessa nel 2011 dal Tribunale di Rieti, spiega perchè
«il fatto non costituisce reato» nei confronti dei sindaci in carica nel 2004 e nel 2006 Paolo
Trancassini e Alfredo Rauco nonché dei consiglieri comunali.
Del resto, proprio Trancassini non aveva avuto remore quando, interrogato al processo, ammise
candidamente davanti ai giudici di essere consapevole di aver commesso degli abusi rilasciando i
i permessi illegittimi per costruire, ma di averlo fatto per favorire il rilancio economico della zona,
averlo fatto per favorire il rilancio economico e occupazionale della zona,
altrimenti destinata a un progressivo spopolamento.
Se a Rieti la tesi non era stata accolta (l`inchiesta sugli abusi condotta dalla procura e dall'Ufficio
Ambiente della forestale ha trovato comunque sostanziale conferma anche in appello), i giudici di
piazzale Clodio si sono invece soffermati sulla valutazione dell`interesse pubblico preminente
invocato dalla difesa degli imputati, rispetto al contestato (in primo grado) interesse politico
elettorale che aveva generato la sentenza di condanna.
Per farlo, la Corte d`Appello si è affidata a un`ordinanza della Corte Costituzionale avente per
oggetto proprio il dolo intenzionale di vantaggio ella pubblica amministrazione.
E, nel caso di Leonessa, i giudici concludono che non è stata raggiunta, al di la di ogni ragionevole
dubbio, la prova dell`agire con fine intenzionale degli imputati, pur essendo loro stessi
consapevoli che i privati avrebbero lucrato un ingiusto guadagno.