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L'emozione nell'apprendere la notizia di questi fantastici ritrovamenti è stata grandissima e continua ad accompagnarci; cerchiamo nuovi particolari, novità che possano raccontare sempre meglio questo vero e proprio "miracolo" per la nostra splendida terra, talmente splendida da essere abitata, visto gli ultimi accadimenti, praticamente da sempre...

Ci aiuta in questo fantastico racconto un altro grandissimo amico di Leonessa, Francesco Chiaretti; dalle pagine de il Messaggero ecco la cronaca di queste indimenticabili giornate......

 

  Valle Fana, trovato tempio di 2100 anni fa

La regina e il cavaliere morti 2300 anni fa

Quando regnavano gli Etruschi

Come eravamo 2200 anni fa

Trovate tracce di una popolazione che 2200 anni fa...

Così ho affrontato i tombaroli a caccia di reperti nella notte


 
Valla Fana, trovato tempio di 2100 anni fa
 
Localizzato il tempio della necropoli di Valle Fana di Leonessa risalente a 2100 anni fa. E' interrato sotto un paio di metri di detriti e argilla e a breve inizieranno i lavori per riportarlo alla luce insieme alle altre tombe rimaste ancora sepolte rispetto alle due scoperte nell'ottobre di due anni fa. Ad annunciare l'eccezionale scoperta è stato l'antropologo Mario Polia durante una lezione sull'importanza della cultura storica di Leonessa tenuta ai ragazzi dell'Istituto Comprensivo nell'ambito di un progetto didattico avviato dallo stesso Istituto sotto la guida della dirigente Maria Gabriella Serva.
E Polia ha anche annunciato la scoperta, sui monti di Leonessa, di tombe risalenti a 3000 anni fa a dimostrazione che questo territorio è vivo da millenni ed è stato il crocevia di molteplici popolazioni e civiltà. Alcuni anni fa, del resto, vennero rinvenute anche testimonianze litiche dell'età della pietra, di circa 5000 anni fa, come raschiatoi, coltelli e punte di freccia.
L'ubicazione esatta del tempio, ha spiegato Polia, è stata resa possibile dallo studio di superficie con il georadar, uno strumento che inviando onde in profondità consente di individuare corpi nascosti e cavità, come è proprio il caso di edifici in pietra massiccia e di vuoti tombali. L'esistenza del tempio nella zona di Valle Fana, secondo l'antropologo, era quasi scontata visto che il termine latino fanum-fana rimanda con chiarezza alla presenza di templi o luoghi sacri. Secondo il lessicografo romano Sesto Pompeo Festo, infatti, il termine deriva da Faunus, arcaica divinità oracolare latina o dal fatto che il luogo è stato consacrato con la recitazione di apposite formule, sicché "Fana" sono i siti consacrati mediante la parola.
La necropoli di Valle Fana di Leonessa, quindi, risale secondo gli accertamenti degli esperti alla fine della civiltà Etrusca prima dell'avvio della dominazione Romana. La datazione è stata resa possibile grazie alla grande quantità di suppellettili e di resti che sono stati trovati all'interno delle due stanze perfettamente conservate, anche con il loro splendido intonaco originario, scoperte nell'ottobre 2002.
E la singolarità ancora più eclatante del sito è che al suo interno sono stati ritrovati gli scheletri, per nulla rovinati, di una donna e di un cavaliere con il proprio cavallo. Entrambe le stanze erano adornate di una ricca quantità di piatti, boccali, bracciali, anfore, lumini, statuine sia in terra cotta che in ceramica, molto lavorate. Questi elementi, insieme al fatto che a poca distanza già in passato erano emersi resti etruschi, porta a pensare che si possa trattare della fine di questa civiltà, quando quest'ultima era molto ricca, magari collegata a un popolo sabino indigeno. Tutti i reperti sono stati catalogati e trasportati nella sede della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio in attesa di tornare nel museo archeologico di Leonessa, che è in via di ultimazione, e dove andrà anche tutto il materiale che emergerà dagli scavi futuri. Nel frattempo, funziona a pieno regime il museo demoantropologico di Leonessa diretto dallo stesso Polia.
 
Localizzato il tempio della necropoli di Valle Fana di Leonessa risalente a 2100 anni fa. E' interrato sotto un paio di metri di detriti e argilla e a breve inizieranno i lavori per riportarlo alla luce insieme alle altre tombe rimaste ancora sepolte rispetto alle due scoperte nell'ottobre di due anni fa. Ad annunciare l'eccezionale scoperta è stato l'antropologo Mario Polia durante una lezione sull'importanza della cultura storica di Leonessa tenuta ai ragazzi dell'Istituto Comprensivo nell'ambito di un progetto didattico avviato dallo stesso Istituto sotto la guida della dirigente Maria Gabriella Serva.
E Polia ha anche annunciato la scoperta, sui monti di Leonessa, di tombe risalenti a 3000 anni fa a dimostrazione che questo territorio è vivo da millenni ed è stato il crocevia di molteplici popolazioni e civiltà. Alcuni anni fa, del resto, vennero rinvenute anche testimonianze litiche dell'età della pietra, di circa 5000 anni fa, come raschiatoi, coltelli e punte di freccia.
L'ubicazione esatta del tempio, ha spiegato Polia, è stata resa possibile dallo studio di superficie con il georadar, uno strumento che inviando onde in profondità consente di individuare corpi nascosti e cavità, come è proprio il caso di edifici in pietra massiccia e di vuoti tombali. L'esistenza del tempio nella zona di Valle Fana, secondo l'antropologo, era quasi scontata visto che il termine latino fanum-fana rimanda con chiarezza alla presenza di templi o luoghi sacri. Secondo il lessicografo romano Sesto Pompeo Festo, infatti, il termine deriva da Faunus, arcaica divinità oracolare latina o dal fatto che il luogo è stato consacrato con la recitazione di apposite formule, sicché "Fana" sono i siti consacrati mediante la parola.
La necropoli di Valle Fana di Leonessa, quindi, risale secondo gli accertamenti degli esperti alla fine della civiltà Etrusca prima dell'avvio della dominazione Romana. La datazione è stata resa possibile grazie alla grande quantità di suppellettili e di resti che sono stati trovati all'interno delle due stanze perfettamente conservate, anche con il loro splendido intonaco originario, scoperte nell'ottobre 2002.
E la singolarità ancora più eclatante del sito è che al suo interno sono stati ritrovati gli scheletri, per nulla rovinati, di una donna e di un cavaliere con il proprio cavallo. Entrambe le stanze erano adornate di una ricca quantità di piatti, boccali, bracciali, anfore, lumini, statuine sia in terra cotta che in ceramica, molto lavorate. Questi elementi, insieme al fatto che a poca distanza già in passato erano emersi resti etruschi, porta a pensare che si possa trattare della fine di questa civiltà, quando quest'ultima era molto ricca, magari collegata a un popolo sabino indigeno. Tutti i reperti sono stati catalogati e trasportati nella sede della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio in attesa di tornare nel museo archeologico di Leonessa, che è in via di ultimazione, e dove andrà anche tutto il materiale che emergerà dagli scavi futuri. Nel frattempo, funziona a pieno regime il museo demoantropologico di Leonessa diretto dallo stesso Polia.
 


Leonessa. Clamorosa scoperta archeologica a Villa Gizzi: recuperati preziosi reperti dell'ultimo periodo etrusco
La regina e il cavaliere morti 2300 anni fa
Trovate due tombe con ricchi corredi: venne seppellito anche il cavallo

Eccezionale scoperta archeologica a Leonessa. Nei pressi della frazione di Villa Gizzi sono state rinvenute, sotto il peofilo di un esteso campo coltivato, due grandi tombe risalenti, secondo la prima datazione effettuata, al II-III secolo avanti Cristo. Si tratterebbe, quindi, della fine della civiltà Etrusca prima dell'avvio della dominazione Romana. Ma l'accertamento temporale più preciso è ancora in corso e sarà accurato grazie alla grande quantità di suppellettili e di resti che sono stati trovati all'interno delle due stanze perfettamente conservate, anche con il loro splendido intonaco originario.
E la singolarità ancora più eclatante del sito è che al suo interno sono stati ritrovati gli scheletri, per nulla rovinati, di una donna e di un cavaliere con il proprio cavallo. Entrambe le stanze erano adornate di una ricca quantità di piatti, boccali, bracciali, anfore, lumini, statuine sia in terra cotta che in ceramica, molto lavorate. Questi elementi, insieme al fatto che a poca distanza già in passato erano emersi resti etruschi, porta a pensare che si possa trattare della fine di questa civiltà, quando quest'ultima era molto ricca. Tutti i reperti sono stati catalogati e trasportati nella sede della Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio.
«In Soprintendenza - spiega il sindaco Paolo Trancassini - si provvederà al restauro ed alla sistemazione dei reperti che poi torneranno a Leonessa e verranno sistemati nel nuovo museo demoantropologico che stiamo allestendo; da parte di questo Ente e della dottoressa Alvino abbiamo avuto una grande disponibilità nel trovare i fondi per il restauro e nel concedere l'autorizzazione agli scavi che abbiamo condotto a spese nostre».
Ma il grande merito del ritrovamento è di Orazio Gizzi, proprietario del terreno, e non tanto perché mentre arava il campo ha scoperto fortuitamente la volta delle tombe, ma soprattutto perché con grande senso civico e di amore per il territorio e l'archeologia, si è precipitato in Comune per comunicare la notizia e avviare le operazioni di scavo, pur sapendo che quel suo terreno gli sarebbe stato requisito. «Ha dimostrato una grande responsabilità sociale - conclude Trancassini - da quel momento noi abbiamo fatto l'occupazione d'urgenza e abbiamo provveduto, come dice la legge, a dare un indennizzo a Gizzi; dopo gli accordi con la Soprintendenza, abbiamo avviato gli scavi con la collaborazione dell'archeologo Mario Polia che per scongiurare il rischio di trafugamenti, ha stazionato giorno e notte con una roulotte nei pressi del buco di accesso alle tombe, anche perché l'ingresso vero e proprio non è stato ancora trovato. Le ricerche continuano e sicuramente daranno molte altre sorprese, non si può escludere un'intera necropoli o addirittura un mega insediamento cittadino completo». Il sito archeologico è controllato giorno e notte da carabinieri e vigili urbani
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Quando regnavano gli Etruschi
Magnifica carrellata di siti archeologici che attende di essere valorizzata


«Se trovate un sito del genere non abbiate paura di dirlo e di perdere il terreno; per il proprietario del campo c'è un premio dello Stato proporzionale al valore dell'insediamento archeologico e un indennizzo consistente». L'esortazione arriva dal sindaco Paolo Trancassini che si dice convinto che la zona di Leonessa è ricca di resti archeologici. Del resto, altri ritrovamenti in passato sono stati effettuati a testimoniare la presenza di popoli precedenti alla nascita di Cristo. Poco a nord di Villa Gizzi, a Monteleone di Spoleto, nel 1902 venne ritrovata una biga di arte ionico-arcaica in bronzo che attualmente è esposta al Metropolitan Museum di New-York. A Villa San Silvestro, poco distante da Terzone, c'è un capitolium romano del III secolo avanti Cristo. Nella zona di Ocre, poco distante da Villa Gizzi, ci sono delle tombe non databili con certezza, mentre un dischetto bronzeo e un peso di terracotta suggeriscono l'ipotesi di un insediamento protoitalico. Circa due anni fa, lungo le sponde del Fosso della Molitta, a valle della stessa frazione, una frana portò alla luce i resti di un fabbricato molto diroccato con pezzate di metalli lavorati artigianalmente. Gli scavi, però, non riuscirono ad accertare l'origine e a stabilire la datazione, probabilmente risalente all'età Romana. Reperti di età neolitica, punte di frecce e raschiatoi in selce e in pietra rossa locale, sono stati rinvenuti lungo il Fosso del Vallaro, all'altezza della frazione di Villa Lucci. Tutto ciò dimostra la presenza dell'uomo sull'altopiano già da qualche millennio. In ogni caso, che il territorio leonessano sia stato luogo di transito per norditalici e protovillanoviani del secoli IX-VIII a.C. in marcia verso il mezzogiorno, è ipotesi largamente accreditata

 

 

 

LE TOMBE SCOPERTE A LEONESSA, L'ARCHEOLOGO: «UN RITROVAMENTO ECCEZIONALE»

Come eravamo 2200 anni fa

Il ritrovamento a Leonessa delle tombe ha del clamoroso e "costringerà" gli studiosi a rimettersi al lavoro e a riscrivere la storia degli insediamenti umani non solo nel Reatino, ma in tutta l'Italia centrale. Secondo le ricerche del direttore del museo demoantropologico di Leonessa, l'archeologo Mario Polia (che ha personalmente difeso il sito dai tombaroli), nella zona degli scavi sorgeva una città molto ricca, tesi confermata dai resti che testimoniano di un tenore di vita alto per l'epoca. La ricostruzione effettuata sui reperti ha portato alla conclusione che la realizzazione delle tombe risale a un periodo tra il II e il III secondo avanti Cristo. Tombe appartenute a popolazioni miste, di ceppo umbro-sabino con influenze etrusche.

 

 

 

Trovate tracce di una popolazione che riuniva gli umbro
sabini agli etruschi. Chiarito il mistero del cavallo sepolto

«Tombe di questo tipo non erano mai state ritrovate, sono uniche nel loro genere e questo rende la scoperta di Leonessa ancora più importante ed eclatante a livello storico e archeologico». L'archeologo e direttore del museo demoantropologico di Leonessa, Mario Polia, è entusiasta: non ha dubbi sul fatto che questo nuovo sito permetterà di riscrivere la storia di queste zone e dell'intera Italia centrale.
Eccoci a pochi passi dagli scavi: si tratta di tombe a camera, con volte a botte di pietra calcarea locale, larghe due metri, lunghe tre metri e mezzo e interrate sotto il suolo di circa 2 metri; i muri interni sono intonacati, mentre verso l'esterno sono protetti da altri muri perimetrali contro il franamento del terreno. «E' una struttura unica nel suo genere, doveva appartenere ad una città molto ricca - spiega Polia - dove vi era abbondanza di manodopera e dove vivevano genti agiate e in grado di farsi costruire magnifiche tombe, adorne di suppellettili e di resti sacrificali come dimostrano i resti del cavallo ritrovati intatti in una di esse. Il cavallo, infatti, per quei tempi, era un animale che pochi si potevano permettere ed il significato sacrificale sta nel fatto che il suo spirito doveva servire nell'aldilà per muoversi meglio nel mondo dei morti».
La prima datazione effettuata riporta le due tombe ed i reperti al II secolo avanti Cristo. «Credo proprio di sì - continua l'archeologo - tutti gli indizi fanno pensare al quel periodo storico. Come si fa a stabilirlo? Dallo studio dei resti e soprattutto dalle analisi con il radiocarbonio; in prima analisi, inoltre, ci ha aiutato il ritrovamento di una lucerna che portava impresso il timbro del vasaio».
La molteplicità del vasellame rinvenuta nelle tombe è un altro elemento che indica le condizioni di ricchezza e di prelibatezza delle genti di quel tempo. «Abbiamo trovato suppellettili di ceramica e di terracotta quali vasi, piatti, statuette ed uno specchio di bronzo. Molto interessanti, in particolare, quattro statuette in argilla con immagini di donna e di cavallo forse riconducibili ad una divinità che ha a che fare con i cavalli tipo la romana-celtica Epona».
Ma a quale popolo sono appartenute queste tombe? «Leonessa è sempre stato un posto di confine e di transito - conclude Polia - probabilmente si tratta di genti locali miste, umbro-sabine con influssi etruschi, appartenute ad un'acropoli che potrebbe essere la frazione di Ocre o più probabilmente ad un insediamento che attende ancora di essere scoperto. Finalmente, comunque, si sta confermando la nostra idea che Leonessa è più antica degli Angioini: a cominciare dalle punte di lancia di quattromila anni e forse anche prima, a tombe dell'età del ferro in montagna».

 

 

Leonessa. Il racconto dell'archeologo
Così ho affrontato i tombaroli a caccia di reperti nella notte

Per notti e notti ha fatto la guardia a quegli scheletri (regali, ma pur sempre scheletri), e senza mai un brivido di paura. Mario Polia il fisico, per averlo, ce l'ha: immaginate un marcantonio come il cantautore Francesco Guccini, barba compresa. In più c'è anche l'esperienza accumulata durante il lungo periodo di insegnamento in Perù e durante anche gli anni di vita in montagna senza - tutt'ora - far raccogliere ad altri la legna per il fuoco e senza affidare ad altri il governo delle bestie della sua fattoria.
Però quelle notti sui monti di Leonessa nel ruolo di scaccia-tombaroli non saranno state uno scherzo?
«Macché - dice l'archeologo demoantropologo cinquantenne che vive parte dell'anno ad
Ocre, frazione di Leonessa - c'era da fare la guardia e io l'ho fatta, tutto qui».
Va bene che l'amore per il proprio lavoro è forte, ma non è da tutti passare le notti in una roulotte della Protezione civile piazzata in una zona a dir poco isolata con tre scheletri di 2300 anni fa sotto i piedi e i tombaroli in agguato come un branco di lupi.
«Non esageriamo - continua Polia - è vero che la compagnia non era molto loquace, ma di fatto già la presenza 24 ore su 24 di una persona sul sito rappresenta un buon deterrente».
Nonostante questo...
«Nonostante questo una notte, quando avevo appena spento la lampada, ho sentito due auto arrivare con il motore al minimo. E i fari spenti. Ho lasciato che si avvicinassero anche se era chiaro che non si trattava di persone di passaggio a quell'ora e in quella zona...: e poi ho acceso le luci della roulotte e sono uscito con una potente torcia elettrica. Beh, quelle due auto sono subito ripartite a tutta velocità».
Complimenti.
«Solo dovere. Questo sito con reperti di 2200 anni fa merita ogni attenzione e infatti adesso ci sono carabinieri e vigili urbani che non lo perdono d'occhio un istante. Abbiamo trovato testimonianze di immenso valore storico che permettono tra l'altro di retrodatare la storia di Leonessa ben oltre il periodo angioino (1200, ndr). Senza contare le tombe dell'età del ferro che riportano ancora più indietro l'insediamento dell'uomo in queste vallate».