Le Rogazioni

 

Di rado passavano li stracciaroli e ancora più di rado le nostre mamme potevano permettersi di comprare quel minimo abbigliamento che nei loro pensieri era necessario e indispensabile.

Noi ragazzini non è che soffrissimo per tale limitazione  perché eravamo vestiti tutti allo stesso modo e nessun trauma di disuguaglianza ci toccava. 

Però li straccaroli, per realizzare un po’ di commercio, insistevano e allora le mamme tiravano fuori dalla vota (la cantina) quel poco che erano riuscite a scanzare (nascondere) per vedere di barattare, a cambio merce, prodotti della nostra terra con qualche capo di abbigliamento . Saltavano allora fuori balle di lana, coppe (misure) di grano, sicchi (secchi) di granturco , canestri di patate ed anche altro. Tanto li stracciaroli pijavanu de tuttu  . I pantaloni e i maglioncini così comprati venivano subito riposti nell’armadio e alla prima festa religiosa che capitava in paese ci avrebbero permesso di andare alla messa lindi e pinti. 

Questi acquisti potevano avvenire molto di rado e allora molto più  frequentemente le mamme si dovevano adoperare in altro modo per risolvere il problema del vestiario dei figli che crescevano. Tutte , differenziate solo dalla capacità di saper più o meno cucire a macchina e metter punti, si adoperavano per realizzare e risistemare un minimo di vestiario pe sti munelli che crisciu e che se fau grossi e non je sta più bene gnente. Che Dio li binidica!!!!. 

Un primo modo  era quello di riattare qualche capo, non proprio consumato, già indossato da qualcuno che s’era fattu ancora più grossu  scucendo, ritagliando e ricucendo quanto possibile.

Un secondo modo , fini i capi da riattare, era quello della cucitura di toppe sopra le parti dei vestiti consumati e strappati.

E siccome le parti di stoffa che si consumavano di più erano quelle prossime alle ginocchia, ma ancora di più quelle in corrispondenza dei glutei, era normale sentir dire:

Essolu…. revà  ‘ngiru co le pezze ‘n culu … La poretta de la mamma non arriva a recarzallu su diavulu.  

Ricordo che mio Padre, quanno facia lu vitturale co li Nardi, aveva rimediato a Roma una piccola macchina da cucire per mia madre . Era una di quelle macchine a manovella da tavolo e ora fa bella mostra di se a casa di mio figlio quale regalo della nonna.   

Da quella macchina da cucire Mamma mia tirava fuori di tutto; li carzuni mia diventavano boni pe fratimu e le vestarelle de la nipote de zi’ Irva de Roma facianu fa bella figura a quella citorella de soroma che era la più piccola. 

E siccome Mamma era abbastanza brava a cucire,  veniva spesso  a casa mia una ragazzina, allora, per imparare un po’ di cucito. In genere veniva di pomeriggio e poi alle cinque si presentava,  da piedi alle scale, sempre sua sorella più piccola che, senza mai salire, la chiamava per avvertirla che era ora di tornare a casa. Ricordo che ogni volta pronunciava la seguente frase:

  - Sorè…. So le cinque….., è sonata l’ Ave Maria……, ognunu a casa sia-   

Queste erano le piccole e grandi cose della vita quotidiana di  45 anni fa ; cose che fanno pensare ad una realtà ormai tanto lontana ma, vi posso garantire, a me sempre più vicina tornando a casa dopo il correre della vita moderna in giro per il mondo.

Mamma ora solo fisicamente non c’è più ma per il resto è sempre lì con tutta la sua quotidianità di sempre , con la sua voce, i suoi abbracci, il suo rumore, i suoi profumi semplici e la sua ricerca quotidiana di mandarci in giro sempre  senza le pezze n’culu.

CE.NA