Il Pallone Da Vallimpuni Tempo fa casa del mio amico Tomasso, mentre ci dilettavamo a provare di cantare come i poeti a braccio , in verità senza fin ora mai riuscirci, scartabellando tra varie raccolte di libri, ci siamo imbattuti in una cosa veramente interessante. Se veramente le cose stanno come pensiamo possiamo ben dire di aver trovato un Poemetto inedito di Angelo Felice Maccheroni intitolato Il Pallone e scritto nel 1851 quando il poeta aveva 50 anni. La prima pagina viene riportata in copia. L’originale del poemetto è un manoscritto su un ormai lacero ma prezioso quaderno a righe, per quanto è dato sapere, trovasi lontano da Leonessa in una non ben precisata località e presso un non meglio precisato Leonessano emigrato ormai tanti anni fa.Appena ho avuto copia del manoscritto l’ho subito letta tutta perché l’argomento, trattato con vera maestria dal grande Maccheroni, è veramente interessante e descrive, con insolite sfaccettature alcuni aspetti ed usi in voga a metà del 1800. Il poemetto si compone di ben 63 sestine rimate con la classica cadenza A-B,A-B, CC che prevede poi l’effetto di rima baciata alla partenza della sestina successiva nel classico intercalare di Maccheroni che in ogni finale di riga cambia solo la vocale che precede l’ultima sillaba. Fatto interessante inoltre è la metratura in sestine non usuale per il poeta che ha lasciato tutte opere in quartine e in ottava rima. Il Poemetto racconta un fatto veramente accaduto a Piedelpoggio nell’ultima domenica di settembre del 1851 in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna del Riscatto che allora si onorava in quanto la Madonna, tenendo chiusa la porta degli inferi, riscattava i peccatori tutti presso Dio. Racconta in sintesi il poeta, che in occasione dei precedenti festeggiamenti un onore di San Giuseppe, in Leonessa, fu alzato un Pallone (una mongolfiera senza pilota) che sapientemente Rocco gonfiò e fece volare e che andò poi a posarsi sopra monte Corno. Fin qui niente di strano perché tuttora ad Albaneto esiste questa tradizione del Pallone fatto volare durante le feste padronali. Quel pallone però si posò quasi intatto su un piccolo spiazzo montano ed un “Tascone” (abitante di Piedelpoggio) lo trovò. Ond’è per caso ad un Tascone in mano che poco dopo vi passò vicino ne carica un somaro , indi.. pian piano ver Piedelpoggio accelera il camino che gli pareva d’aver fatto acquisto di un oggetto piacevole mai visto (2) Così lo ripone in casa ritenendolo utile a qualcosa mentre Nicola Pietrolucci e un tal Valerio organizzavano la festa della Madonna del Riscatto e andavano questuando presso moschetti, buttari e vergari per procurarsi la polvere per gli spari . Tra mille scuse i paesani pochi baiocchi offrirono ma loro incaricarono comunque tal Ottavio , innamorato di Ortenzia, di andare a trovare la polvere perfino ad Arrone e Polino e, tra mille vicissitudini, ne furono trovate solo 6 libbre. Poche per fare una festa degna dei Tasconi e allora Ottavio acquistò anche
Duecento tricche tracche questo sono , quando non si trov’altro tutto è buono.(15) Ma agli organizzatori della festa venne in mente una fantastica idea: Nicola, che pensato avea di fare alla solenne festa onor maggiore quel Pallone pensò di contrattare che in Piedelpoggio riportò un pastore. Qual disse: il mio pallone essendo grosso per un vil prezzo darvelo non posso (18)
Ma Nicola insistette tanto che ottenne “al fin” dal pastore il pallone per mezzo scudo. Lo riparò e poi tutto fu organizzato per il dì della festa che così fu aperta. Giunta la festa ognun si mise sotto per far che fosse il tutto ben diretto. Sul far del giorno fè sentire un botto Ottavio l’artiglier ch’io ci scommetto ch’alla Sala, Pianezza ed a Terzone l’avran creduto un colpo di cannone (20) Non fu una processione di gente quella che accorse dalle altre frazioni , anche a causa di un tempo torbido, comunque in tanti nel pomeriggio si recarono a Piedelpoggio Perché saputo aven per cosa vera , che si alzava un Pallon prima di sera. (21)
Una folta schiera di Leonessani a seguito di Rocco arrivò da Leonessa ed altri vennero da Casanova tra cui un certo Aloisi non ben visto da Maccarone. Da Albaneto arrivò un gruppo guidato da tal Francesco e da Pietropaolo Sartelli. Da San Clemente arrivarono sia i Ceci che i Nardi ; da Vallunga i Locchi e i Carretta; da Vallimpuni i Pitti e un certo Giovanni Nardi che voleva vendere sigari ma non raccimolò un bel nulla . Comunque,nel poemetto, tutti vengono tacciati da Maccheroni, come nel suo stile, di essere gran pallonari e sapientoni. Anche un tal Marchetti d’Ocre che si presentò per cantare da poeta viene trattato da pallone e tartassato nella poesia da un tal Valerio ovviamente di Piedelpoggio. Ma ormai l’ora si era fatta tarda e tutti fremevano per godere le vista del Pallone che andava in alto Avanti Rocco , direttor del gioco ch’Arban al paragon non vale un fico ecco che accende con la paglia il foco ecco Filippo e Andrea già nell’intrigo e tutti , avanti alla magion di Pietro si affollano ma c’è chi dice – Indietro-(32) La Guardia Urbana il dico in chiaro metro con l’arma in braccio in questo anfiteatro -Largo.. largo dicea con viso tetro. Ma come i boi che stan sotto l’aratro bisognava sferzarli ad uno ad uno che stare indietro non volea nessuno(33) Così, in mezzo a chi allontanava le persone e a chi portava fardelli di paglia e di ginestre per il fuoco , Rocco dirigeva le operazioni mentre Giulio dalla finestra della sua casa teneva il cordino trattenendo in piedi il Pallone che si gonfiava e aspettando “il motto” per tagliare il freno. Tutta la gente era presa dall’evento mentre nella padella l’olio e lo spirito bruciavano e inondavano di fumo l’interno del pallone. -Si smorzi il foco or che l’arrosto è cotto- Dicea Nicola forsennato in alt.o. Giulio taglia il cordino al primo motto lascia Agostino la padella a un tratto. S’innalza il globo alfine e nel momento lo spinge al muro il furioso vento(37) Mentre sparar gli ultimi colpi io sento al livello del tetto appena giunto striscia in un ferro la cui punta drento fa si che piomba giù tutto in un punto ch’essendo andato il suo vigore a spasso chi non sa che dovea venire a basso(38) Immaginate il parapiglia , le scottature, le risate dei forestieri e le facce mute dei Tasconi; tanto che Nicola dispiacente oltre l’usato , mormora contro il vento e contro il fato (39) Rocco che tanto ben l’avea gonfiato ed in aria di già l’avea spedito ora in vederlo ai piedi suoi calato moscio ridotto in abbito sdrucito tarocca e non a torto, e si dispera che forse invano raddrizzarlo spera (40)
Il forestiero Marchetti di Ocre “ancor fece parola” e disse che probabilmente se si fosse operato in “loco aperto” anziché in mezzo al paese il pallone di sicuro si sarebbe alzato e sarebbe giunto fin dove”augel non vola”. Al che fu subito rimbrottato e gli fu detto che era bastante l’accorto ed esperto direttore delle operazioni a parlare e che proprio Per causa del vento fu costretto, cercare al suo lavoro un loco stretto(43) Un vergaro prese la parola e disse che per colpa del tempo non asciutto, Rocco sicuramente non aveva potuto gonfiar bene il pallone; ma anche lui fu subito zittito. Tu potrai parlar sol della ricotta, ch’ ai pastori la dai che non è cotta(45). Intanto gli organizzatori saggiamente decidevano di riproporre l’alzata del pallone per la domenica successiva così da riabilitare la professionalità di Rocco e soprattutto far terminare le risate di tutti i forestieri che, oramai ad tarda ora, tornarono ai loro villaggi raccontando il fatto e ingigantendo l’accaduto. E qui il poeta interviene a difendere l’operato dei suoi paesani Non so perché faceano i scoglionati contro i Tasconi quei baron cornuti; in Piedelpoggio senz’esser chiamati non so perché ci fossero venut.i L’uomo che va dove non è chiamato voi già capite il mio significato. (54) Ma al tempo stesso Maccheroni evidenzia che tutti gli organizzatori avevano un po’ perso la testa tanto che non si preoccuparono neanche di offrire la cena a Rocco. Nicola , il direttor com’il baleno sparì finito il tutto ,e non fu buono Rocco a cena invitar, neppur veleno. Per cui tosto con gli altri in abbandono per quell’istessa via fece ritorno ch’avea calcata con gli amici intorno.(59) Eppur volle tornar l’ottavo giorno come vi dissi all’altro mio quaderno Io per me non sarei tornato un corno ma lui tornò per farsi un nome eterno che rialzando il pallon ebbe fortuna mentre fu visto andar presso la luna. (60) Finisce così il racconto dell’accaduto non dimenticando che Nicola pagò una dozzina di Paoli a Rocco ; molto pochi per chi li ricevette che non potè così riempire adeguatamente le sue tasche.
CE.NA.
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