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Il Carnevale iniziava il 17 gennaio, giorno della festa di sant'Antonio Abate e si concludeva con il martedì grasso, che precedeva il mercoledì delle Ceneri. Se il periodo di Carnevale era molto lungo (se cioè la Pasqua cadeva alta) le domeniche che precedevano le Ceneri erano dedicate, nell'ordine: agli amici, ai compari e ai parenti. In queste ricorrenze ci si scambiavano le visite e gli inviti a pranzo e diventavano, quindi, occasioni per rinsaldare i rapporti con persone perse un po' di vista. Prima dell'ultimo giorno di carnevale c'era il giovedì grasso durante il quale si diceva che si doveva mangiare almeno dodici volte. Il piatto forte del pranzo era costituito dagli sfusellati con il sugo di carne di pecora.I dolci più ambiti erano gli gnucchitti,le frappi e le castagnole,confezionati spesso in comune con le uova accattate qua e là e consumati comunitariamente in un clima di allegria. Per carnevale si organizzavano diversi veglioni nei quali veniva eletta la "reginetta" ossia la ragazza più bella che partecipava al ballo. i bambini si mascheravano spesso con gli abiti dismessi degli adulti e poi facevano giri di questa per il paese, mentre i più grandi organizzavano un corteo di maschere (li mascari) che si concludeva con il processo e la bruciatura del Carnevale. Nei secoli trascorsi, il popolo eleggeva "il capo della Festa" che, portato in trionfo come "Re della Festa" guidava la sfilata mascherata.Della grande vivacità delle feste carnascialesche di Leonessa si lamentarono nel 1584 i Priori della cittadina in una lettera inviata a Margherita D'Austria. Inoltre, come si evince da un documento dello stesso periodo redatto dal maestro di scuola, per i Baccanalia Festorum, feste di Bacco (così era chiamato il carnevale, in quanto era opinione diffusa che fosse una derivazione dei baccanali romani) si davano tre giorni di vacanza, come pre Natale. Nel folklore più recente di Leonessa la tradizione del Re del Carnevale si è mantenuta fino a qualche decennio fa nella frazione di Vallimpuni, dove il corteo carnevalesco era composto di tutta una serie di personaggi emblematici; lu diavulu, che doveva essere molto atletico poichè doveva rincorrere le ragazze per le vie e salire sui balconi; lu spusu e la sposa; il vecchio e la vecchia; lu malatu e lu medicu; lu messicanu e lu signurinu;li sonatori;li sonatori;lu maschiufemmina;lu rumitu;lu prete e lu mattu.Il corteo capeggiato dal diavolo si snodava per le vie del paesino, ballando, suonando,mimando scene comiche e si concludeva con l'impiccaggione del Re Carnevale al finestrone di una cascina.La festa terminava con una cena fra i mascari, imbandita con le offerte raccolte da lu rumitu. Nel capoluogo la tradizione del Capo della festa attraverso il tempo è passata nell'usanza di segare la vecchia di mezzaquaresima.Anche questa usanza affondano le loro radici in religioni pre-cristiane.Nel carnevale, infatti ricorrono elementi mutuati dalle feste romane dei Lupercalia, dei Saturnalia e dei Baccanalia. la prima si svolgeva nella metà di febbraio, che nell'antico calendario romano era l'ultimo mese dell'anno; la seconda dal 15 al 23 dicembre, che nel calendario Giuliano divenne l'ultimo del mese;la terza nella metà del mese di marzo.La peculiarità di queste feste era costituita da una sorta di disordine istituzionalizzato che investiva tutta la società: la normalità quotidiana era rovesciata, tutto era consentito nel caos festoso di quei giorni.Nei banchetti che caratterizzavano i Saturnalia i coinvitati d'onore erano erano gli schiavi, che godevano di piena libertà e che venivano, addirittura, serviti a tavola dai padroni.Non mancano neanche le maschere e i travestimenti, anche se in periodo più tardo. Tutto ciò perchè si festeggiava il mito di Saturno, secondo il quale il Dio sbarcato sulle coste del Lazio insegnò ai suoi abitanti l'agricoltura.Il periodo del suo regno fu molto felice sia per l'abbondanza dei prodotti, sia perchè non esisteva ancora alcuna discriminazione tra liberi e schiavi. Ma il carnevale, come abbiamo visto sopra, nel XVI secolo presentava un riferimento anche ai Baccanalia romani che si svolgevano a Roma il 17 marzo.Ci limitiamo in questo caso all'esaustiva escrizione di Virgilio; "Anche d'Ausonia i coloni, gente venuta da Troia, scherzano in versi sanz'arte e in risa smodate ecc." L'usanza di bruciare il fantoccio, che rappresenta il vecchio anno, è riconducibile ai riti agrari purificatori di espulsione dell'inverno (male) e rigenerazione della vegetazione. La festa del carnevale per il suo disordine, per i suoi eccessi, per le sue orge, per il suo cos svolgeva chiaramente una funzione di liberazione degli istinti individuali nonchè di sfogo collettivo nei confronti del potere e di una situazione di perenne precarietà esistenziale e psicologica. Per quanto riguarda il Carnevale di Leonessa, particolarmente interessante, oltre l'elezione del capo della festa, era la presenza del diavolo, che toccava le donne del corteo dei mascari di Vallimpuni. Questa usanza rimanda a quella dei Lupercalia romani, dove i luperci=lupacchiotti (giovani vestiti con delle pelli di capra) correvano per la via sacra colpendo le donne, con delle cinghie di capra (corregge), assicurandone in tal modo la fertilità.Questa credenza derivava da una leggenda secondo la quale, dopo il ratto delle Sabine, le donne rapite erano diventate sterili. Allora i romani si rivolsero a Giunone che per risolvere il problema disse : "Un sacro capro si congiunga con le donne latine".Ma come si sarebbe potuto eseguire un ordine tanto mostruoso? Un indovino risolse l'enigma: immolò un capro e ricavò corregge dalla sua pelle , ordinando alle giovani spose di offrire il dorso ai colpi degli uomini; così fu vinta la sterilità. |
(Luigi Nicoli "Le Cose de prima" 1999) |
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