"Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata
la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i
partigiani,
nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove
furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per
riscattare la libertà e la
dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra
Costituzione".
È Piero Calamandrei che rivolge queste parole a un gruppo di
giovani studenti alla Società Umanitaria, a Milano, nel
1955.
Ed è qui allora, a
Cuneo, nella terra delle 34 Medaglie d'oro al valor
militare e dei 174 insigniti di Medaglia d'argento, delle
228
medaglie di bronzo per la Resistenza.
La terra dei dodicimila partigiani, dei duemila caduti in
combattimento e delle duemilaseicento vittime delle stragi
nazifasciste.
È qui che la
Repubblica celebra oggi le sue radici, celebra la Festa
della Liberazione.
Su queste montagne, in queste valli, ricche di virtù di
patriottismo sin dal Risorgimento.
In questa terra che espresse, con Luigi Einaudi, il primo
Presidente dell'Italia rinnovata nella Repubblica.
Rivolgo un saluto a tutti i presenti, ai Vice Presidenti del
Senato e della Camera, ai Ministri della Difesa, del Turismo
e degli Affari
regionali. Al Capo di Stato Maggiore della Difesa. Ai parlamentari
presenti.
Saluto, e ringrazio per i loro interventi, il Presidente
della Regione, la Sindaca di Cuneo, il Presidente della
Provincia. Un saluto ai
Sindaci presenti, pregandoli di trasmetterlo a tutti i cittadini dei loro
Comuni. Un saluto al Presidente dell'Istituto Storico della
Resistenza.
Stamane, con le altre autorità costituzionali, ho deposto
all'Altare della Patria una corona in memoria di quanti
hanno perso la vita
per ridare indipendenza, unità nazionale, libertà, dignità, a un Paese
dilaniato dalle guerre del fascismo, diviso e occupato dal
regime
sanguinario del nazismo, per ricostruire sulle macerie materiali e morali
della dittatura una nuova comunità.
"La guerra continua" affermò, nella piazza di Cuneo che reca
oggi il suo nome, Duccio Galimberti, il 26 luglio del 1943.
Una dichiarazione di senso ben diverso da quella del governo
Badoglio.
Continua - proseguiva Galimberti - "fino alla cacciata
dell'ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime
vestigia del regime fascista,
fino alla vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia
mussoliniana...non possiamo accodarci ad una oligarchia che
cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a
spese degli italiani".
Un giudizio netto e rigoroso. Uno discorso straordinario per
lucidità e visione del momento. Che fa comprendere appieno
valore e
significato della Resistenza.
E fu coerente, salendo in montagna.
Assassinato l'anno seguente dai fascisti, è una delle prime
Medaglie d'oro della nuova Italia; una medaglia
assegnata alla memoria
.
Il "motu proprio" del decreto luogotenenziale
recita: " Arrestato, fieramente riaffermava la sua fede
nella vittoria del popolo italiano
contro la nefanda oppressione tedesca e fascista"; ed è datato, con
grande significato, "Italia
occupata, 2 dicembre 1944".
Dopo l'8 settembre il tema fu quello della riconquista della
Patria e della conferma dei valori della sua gente, dopo
le ingannevoli parole d'ordine del fascismo: il mito del capo; un
patriottismo contrapposto al patriottismo degli altri in
spregio ai
valori universali, che animavano, invece, il Risorgimento dei moti
europei dell'800; il mito della violenza e della guerra; il
mito dell'Italia dominatrice e delle avventure imperiali nel Corno
d'Africa e nei Balcani. Combattere non per difendere la
propria
gente ma per aggredire. Non per la causa della libertà ma per togliere
libertà ad altri.
La Resistenza fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro
il fascismo per il riscatto nazionale.
Un moto di popolo che coinvolse la vecchia generazione degli
antifascisti.
Convocò i soldati mandati a combattere al fronte e che si
rifiutarono di porsi sotto il comando della potenza
occupante tedesca,
pagando a caro prezzo, con l'internamento in Germania e oltre 50.000 morti
nei lager, questa scelta.
Chiamò a raccolta i giovani della generazione del viaggio
attraverso il fascismo, che ne scoprivano la natura e
maturavano la scelta
di opporvisi. La generazione, "sbagliata" perché tradita. Giovani ai quali
Concetto Marchesi, rettore dell'Università padovana
si rivolse per esortarli, dopo essere stati appunto "traditi", a "rifare
la storia dell'Italia e costituire il popolo italiano".
Fu un moto che mobilitò gli operai delle fabbriche.
Coinvolse i contadini e i montanari che, per la loro
solidarietà con i partigiani combattenti, subirono le
più dure rappresaglie
(nel Cuneese quasi 5.000 i patrioti e oltre 4.000 i benemeriti della
Resistenza riconosciuti).
Quali colpe potevano essere ascritte alle popolazioni
civili?
Di voler difendere le proprie vite, i propri beni? Di essere
solidali con i perseguitati?
Quali le colpe dei soldati? Rifiutarsi di aggiungersi ai
soldati nazisti per fare violenza alla propria gente?
L'elenco delle località colpite nel Cuneese compone una
dolorosa litania e suona come preghiera.
Voglio ricordarle.
Furono decorate con medaglie d'oro, d'argento o di bronzo, o
con croci di guerra: Cuneo, l'intera Provincia, Alba, Boves,
Borgo San
Dalmazzo, Dronero; Clavesana, Peveragno, Cherasco, Busca, Costigliole
Saluzzo, Genòla, Trinità, Venasca, Ceva, Pamparato;
Mondovì, Priola, Castellino Tanaro, Garessio, Roburent, Paesana, Narzòle,
Rossana, Savigliano; Barge, San Damiano Macra,
Villanova Mondovì.
Alla memoria delle vittime e alle sofferenze degli abitanti
la Repubblica oggi si inchina.
Questo pomeriggio mi recherò a Boves, prima città martire
della Resistenza, Medaglia d'oro al Valor militare e
Medaglia d'oro al Valor Civile.
Lì si scatenò quella che fu la prima strage operata dai
nazisti in Italia.
Una strage che colpì la popolazione inerme e coloro che
avevano tentato di evitarla: Antonio Vassallo, don Giuseppe
Bernardi, ai
quali è stata tributata dalla Repubblica la Medaglia d'oro al Valor
civile; don Mario Ghibaudo. I due sacerdoti, recentemente
proclamati beati dalla Chiesa cattolica, testimoni di fede che non vollero
abbandonare il popolo loro affidato, restarono accanto alla
loro gente in pericolo.
E da Boves vengono segni di un futuro ricco di speranza: la
Scuola di pace fortissimamente voluta
dall'Amministrazione comunale
quasi quarant'anni or sono e il gemellaggio con la cittadina bavarese
di Schondorf am Ammersee, luogo dove giacciono i resti del
comandante del battaglione SS responsabile della feroce strage del 19
settembre 1943.
A Borgo San Dalmazzo visiterò il Memoriale della
Deportazione.
Borgo San Dalmazzo, dove il binario alla stazione
ferroviaria è richiamo quotidiano alla tragedia della Shoah.
Cuneo, dopo Roma e Trieste, è la terza provincia italiana
per numero di deportati nei campi di sterminio in ragione
dell'origine
ebraica.
Accanto agli ebrei cuneesi che non riuscirono a sfuggire
alla cattura, la più parte di loro era di
nazionalità polacca, francese,
ungherese e tedesca. Si trattava di ebrei che, dopo l'8 settembre, avevano
cercato rifugio dalla Francia in Italia ma dovettero fare i
conti con la Repubblica di Salò.
Profughi alla ricerca della salvezza, della vita per sé e le
proprie famiglie, in fuga dalla persecuzione, dalla
guerra, consegnati alla
morte per il servilismo della collaborazione assicurata ai nazisti.
Dura fu la lotta per garantire la sopravvivenza dell'Italia
nella catastrofe cui l'aveva condotta il fascismo. Ci
aiutarono soldati di altri
Paesi, divenuti amici e solidi alleati: tanti di essi sono sepolti in
Italia.
Ad essa si aggiunse una consapevolezza: la crisi suprema del
Paese esigeva un momento risolutivo, per una nuova idea di
comunità,
dopo il fallimento della precedente.
Si trattava di trasfondere nello Stato l'anima autentica
della Nazione.
Di dare vita a una nuova Italia.
Impegno e promessa realizzate in questi 75 anni di
Costituzione repubblicana.
Una Repubblica fondata sulla Costituzione, figlia della
lotta antifascista.
Le Costituzioni nascono in momenti straordinari della vita
di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti
esprimono e che
ne ispirano i principi.
Le "Repubbliche" partigiane, le zone libere, furono
anticipatrici, nelle loro determinazioni, nel loro operare,
della nostra Costituzione.
E' dalla Resistenza che viene la spinta a compiere scelte
definitive per la stabilità delle libertà del popolo
italiano e del sistema
democratico, rigettando le ambiguità che avevano permesso lo
stravolgimento dello Statuto albertino operato con il
fascismo.
Se il decreto luogotenenziale del 2 agosto 1943 - poco dopo
la svolta del 25 luglio - prevedeva l'elezione di una nuova
Camera dei
Deputati, per un ripristino delle istituzioni e della legalità statutaria,
non appena ce ne fossero le condizioni, fu il decreto del 25
giugno
1944 - pochi giorni dopo la costituzione del primo Governo del CLN - a
indicare che dopo la liberazione del territorio nazionale
sarebbe stata eletta dal popolo, a suffragio universale, un'Assemblea
costituente, con il compito di redigere la nuova
Costituzione.
Per questo quel decreto viene definito la
prima "Costituzione provvisoria".
Seguirà poi il referendum, il 2 giugno 1946, con la
Costituente e la scelta per la Repubblica.
La rottura del patto tra Nazione e monarchia,
corresponsabile, quest'ultima, di avere consegnato l'Italia
al fascismo, sottolineava
l'approdo a un ordinamento nuovo.
La Costituzione sarebbe stata la risposta alla crisi di
civiltà prodotta dal nazifascismo, stabilendo il principio
della prevalenza della
persona e delle comunità sullo Stato, guardando alle autonomie locali e
sociali dell'Italia come a un patrimonio prezioso da
preservare e sviluppare.
Una risposta fondata sulla sconfitta dei totalitarismi
europei di impronta fascista e nazista per riaffermare il
principio della
sovranità e dignità di ogni essere umano - autonoma identità - sulla
pretesa di collettivizzazione in una massa forzata al
servizio di
uno Stato, in cui l'uomo appare solo un ingranaggio.
Il frutto del 25 aprile è la nostra Costituzione.
Il 25 aprile è la Festa della identità italiana, ritrovata e
rifondata dopo il fascismo.
E' nata una democrazia forte e matura nelle sue istituzioni
e nella sua società civile, che ha permesso agli italiani di
raggiungere
risultati inimmaginabili.
E qui a Cuneo, mentre la guerra infuriava, veniva
sviluppata un'idea di Costituzione che guardava avanti.
Pionieri Duccio Galimberti e Antonino Rèpaci.
Guardava a come scongiurare per il futuro i conflitti che
hanno opposto gli Stati europei gli uni agli altri, per dar
vita, insieme, a una
Costituzione per l'Europa e a una per l'Italia. Dalla ossessione del
nemico alla ricerca dell'amico, della cooperazione.
La Costituzione confederale europea si accompagnava alla
proposta di una "costituzione interna".
Obiettivo: "liberare l'Europa dall'incubo della guerra"
Sentiamo riecheggiare in quello che appariva allora un
sogno, il testo del preambolo del Trattato sull'Unione
Europea: "promuovere
pace, sicurezza, progresso in Europa e nel mondo".
Un sogno che ha saputo realizzarsi per molti aspetti in
questi settant'anni. Anche se ancora manca quello di
una "Costituzione per
l'Europa", nonostante i lodevoli tentativi di conseguirla.
Chiediamoci dove e come saremmo se fascismo e
nazional-socialismo fossero prevalsi allora!
Nel lavoro di Galimberti e Rèpaci troviamo temi,
affermazioni, che sono oggi realtà della Carta
costituzionale italiana,
come all'art. 46:
"le differenze di razza, di nazionalità e di religione non
sono di ostacolo al godimento dei diritti pubblici e
privati".
Possiamo quindi dire, a buon titolo: Cuneo, città della
Costituzione!
Galimberti era stato allievo di Francesco Ruffini a Torino,
uno dei docenti universitari che, rifiutando il giuramento
di fedeltà al
fascismo, fu costretto ad abbandonare l'insegnamento.
Accanto a Galimberti e Rèpaci, altri si misurarono con la
sfida di progettare il futuro.
Silvio Trentin, in esilio dal 1926, nel suo "Abbozzo di un
piano tendente a delineare la figura costituzionale
dell'Italia", dettato al figlio
Bruno nel 1944, e sostenitore, anch'egli, dell'anteriorità dei diritti
della persona rispetto allo Stato.
E Mario Alberto Rollier, con il suo "Schema di costituzione
dell'unione federale europea". Testi, entrambi, di forte
ispirazione
federalista.
Si tratta, nei tre casi, di esponenti di quel Partito
d'Azione di cui incisiva sarà l'influenza nel corso della
Resistenza e dell'avvio della
vita della Repubblica.
La crisi della monarchia e quella del fascismo apparivano
ormai irreversibili, tanto da indurre un gruppo di
intellettuali cattolici a
riunirsi a Camaldoli, a pochi giorni dal 25 luglio 1943, con l'intento di
riflettere sul futuro, dando vita a una carta di principi,
nota
come "Codice di Camaldoli", che lascerà il segno nella Costituzione. Con
la proposta di uno Stato che facesse propria la causa della
giustizia sociale come concreta espressione del bene comune, per rimuovere
gli ostacoli al pieno sviluppo di ogni persona umana, per
rendere sostanziale l'uguaglianza fra i cittadini.
Per tornare alla "Costituzione di Duccio", apparivano allora
utopie alcune sue previsioni come quella di una "unica
moneta europea".
Oggi realtà.
O quella di "un unico esercito confederale". E il tema della
difesa comune è, oggi, al centro delle preoccupazioni
dell'Unione Europea,
in un continente ferito dall'aggressione della Federazione Russa
all'Ucraina.
Sulla scia di
quei "visionari" che, nel pieno della tragedia della guerra
e tra le macerie, disegnavano la nuova Italia di diritti e
di
solidarietà,
desidero sottolineare che onorano la Resistenza, e l'Italia
che da essa è nata, quanti compiono il loro dovere favorendo
la
coesione sociale
su cui si regge la nostra comunità nazionale.
Onorano la Resistenza i medici e gli operatori sanitari che
ogni giorno non si risparmiano per difendere la salute di
tutti. Onorano la
Resistenza le
donne e gli uomini che con il loro lavoro e il loro spirito
di iniziativa rendono competitiva e solida l'economia
italiana.
Onorano la Resistenza quanti non si sottraggono a concorrere
alle spese pubbliche secondo la propria
capacità contributiva.
Il popolo del volontariato che spende parte del proprio
tempo per aiutare chi ne ha bisogno.
I tanti giovani che, nel rispetto degli altri, si impegnano
per la difesa dell'ambiente.
Tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere
pensando al futuro delle nuove generazioni.
Signor Presidente della Regione, lei ha definito queste
colline, queste montagne "geneticamente antifasciste".
Sappiamo quanto dobbiamo al Piemonte, Regione decorata, a
sua volta, con la Medaglia d'oro al merito civile
Ed è alle donne e agli uomini che hanno animato qui la
battaglia per la conquista della libertà della Patria che
rivolgo il mio rispettoso pensiero.
Nuto Revelli ha parlato della sua esperienza di comandante
partigiano e della lotta svolta in montagna come di un
vissuto di libertà:
di un luogo dove
era possibile assaporare il gusto della libertà prima che
venisse restituita a tutto il popolo italiano.
Una terra allora non prospera, tanto da ispirargli i
racconti del "mondo dei vinti".
Una terra ricca però di valori morali.
Non c'è una famiglia che non abbia memoria di un bisnonno,
di un nonno, di un congiunto, di un alpino caduto in Russia,
nella
sciagurata
avventura voluta dal fascismo.
Non c'è famiglia che non ricordi il sacrificio della
Divisione alpina "Cuneense" nella drammatica ritirata, con
la Julia.
Un altro esempio. Un
altro monito alla insensatezza della guerra.
Rendiamo onore alla memoria di quei caduti.
Grazie da tutta la Repubblica a Cuneo e al Cuneese, con le
sue medaglie al valore!
Come recita la lapide apposta al Municipio di questa città,
nell'ottavo anniversario della uccisione di Galimberti, se
mai avversari
della
libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade
troverebbero patrioti.
Come vi è scritto: "morti e vivi collo stesso impegno,
popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e
sempre Resistenza".
Viva la Festa della Liberazione!
Viva l'Italia!
Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica
Italiana
Cuneo,
25 Aprile 2023
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