" 111° ANNIVERSARIO DEL SACRILEGO FURTO DEL RELIQUIARIO CON IL CUORE DI SAN GIUSEPPE DA LEONESSA Luigi Nicoli Confratello della Confraternita di San Giuseppe e Suffragio
Il Reliquiario era stato rubato la notte del 26 maggio del 1910, da alcuni ladri che si erano fatti chiudere nel Santuario, dove era custodito. A ritrovare la preziosa Reliquia, durante un temporale, fu Andrea Bradde, un allevatore dell’omonima Frazione di Villa Bradde che aveva il bestiame in quella zona detta anche di Camporsentino. Secondo alcune testimonianze, anche dal sottoscritto raccolte, da alcuni giorni una misteriosa nebbia stazionava nella zona, e una forte pioggia martellava tutto l’altopiano. Il Bradde fece dare la notizia solo il giorno dopo, domenica 12 giugno. Il popolo di Leonessa, allora, accorse numeroso, commosso e festante per accompagnare il Reliquiario, in corteo da Villa Pulcini al Santuario di Leonessa. Ma qui il Pretore (ateo) Giuseppe Marella diplomaticamente convinse il popolo a portarlo in Pretura perché, disse, che costituiva il corpo del reato. Chiuso nella stanza il Reliquiario fu esaminato dal Pretore e fu allora che avvenne un evento prodigioso: mentre Marella puliva il prezioso cimelio con un fazzoletto questo si macchiò di sangue; l’uomo allibì e chiese al rettore della chiesa don Giuseppe Ettorre se anche lui avesse visto le macchie di sangue, questi rispose di no. Questo fenomeno si ripeté più volte ma solo il Marella vedeva il sangue. Quello che è certo è che il Pretore si convertì, cambiò radicalmente vita, conducendo un’esistenza di preghiera, praticando l’amore per il prossimo e la carità fino all’eroismo (Raffaele Salucci Un giudice Santo, L. s. S). Dopo questo episodio la devozione del popolo leonessano verso il Cuore si accrebbe ulteriormente, trovando la sua espressione più visibile nella suggestiva e solenne processione con l’insigne Reliquia, che ancora oggi si svolge - l’ultimo giorno della festa di settembre - con una strabocchevole folla di fedeli.
La reliquia del Cuore di San Giuseppe – insieme a quella del sangue ed altre - fu portata da Amatrice a Leonessa il primo marzo del 1612, da Padre Filippo Alessi, guardiano del convento dei Cappuccini di Leonessa, accompagnato da Gio Alessandro Boccanera, da Lelio parente del Santo e da P. Francesco Chiodoli, cugino di San Giuseppe, che l’otto febbraio aveva inviato una missiva all’Alessi invitandolo a venire ad Amatrice per procedere alla traslazione. La piccola comitiva giunta a Leonessa con i preziosi cimeli, si recò in gran segreto nel monastero di San Giovanni per consentire a Suor Cecilia Desideri, nipote carnale del Santo, e altre monache, di rendere omaggio alle reliquie. Queste furono poi portate nel convento dei Cappuccini e chiuse in un armadio della sagrestia della chiesa, come risulta dall’elenco delle reliquie stilato nel 1629 dai giudici del processo apostolico. Di tanto in tanto i Cappuccini facevano adorare le reliquie (tra cui il Cuore) agli ammalati e non pochi furono i miracoli ad esse attribuiti. In particolare, famoso e quaello del 1636 de Bambino Felice Chiuaretti, nato cieco, che riacquistò la vista dopo che la madre lo portò nel convento dei cappuccini e dopo che il Superiore gli pose dinnanzi il Cuore del Santo. (vedi “Orante d’Agostino, Vita di San Giuseppe da Leonessa, p 87-103). Il culto del Cuore di San Giuseppe si sviluppò così tanto che nel 1646 il Cardinale Francesco Maria Farnese donò ai Cappuccini un ostensorio-reliquirario d’argento per conservarvi la reliquia. Il prezioso oggetto arrivò a Leonessa nel 1651, allorché il duca di Modena, esecutore testamentario del Cardinal Farnese morto nel 1647, ve lo fece trasportare da due Cappuccini della provincia di Bologna. Il Cuore fu posto nel prezioso reliquiario solo il 6 ottobre del 1737 - quattro mesi dopo la beatificazione di San Giuseppe - dal vicario generale di Spoleto Giacomo Filippo Consoli, e continuò ad essere custodito dai Cappuccini. In occasione della beatificazione del Santo il culto del Cuore ebbe un nuovo impulso con la “Novena sopra il Cuore del Beato” composta da P. Gaetano Maria Migliorini da Bergamo (G. Chiaretti, Archivio Leonessano). Nel 1867, con la soppressione del convento, il reliquiario con il Cuore e le altre reliquie furono trasferito nel Santuario, dove ancora oggi si trovano. IL RELIQUIARIO Si tratta di una pregevolissima opera di scuola toscana, tutta in argento, fusa e cesellata, di 95 cm d’altezza e del peso di 10 kg. È costituita da un solido basamento triangolare a forma di tronco di piramide, sul quale è inciso lo stemma dei Farnese (sei gigli), che poggia su tre unicorni (animale, molto raffigurato nel medioevo e nel rinascimento e che simboleggia la purezza, e talvolta Cristo) in riposo, sormontati da tre angeli recanti in mano gli strumenti della Passione. Al di sopra della base sono collocate due Cariatidi velate, dal ricco panneggio, che sostengono il medaglione che custodisce il cuore, tenuto da due angeli, e sul quale sono collocati altri tre angeli, di cui quello centrale sostiene una croce. Le caratteristiche formali del prezioso oggetto consentono di datarlo alla fine del XVI secolo, e di notare che forse originariamente non doveva essere un reliquiario, bensì un ostensorio probabilmente “giunto ai Farnese per mezzo di Margherita d’Austria” - come scriveva già nel 1910 Mons Luca Mariani, in occasione del ritrovamento del reliquiario dopo il suo furto. Il presule proseguiva affermando che l’opera era stata esaminata, nel 1909, dal Prof. Rocchi di Roma, “persona competentissima in materia d’arte”, il quale l’ aveva attribuita al “Cellini o alla sua scuola”. Ma si tratta di attribuzione ottimistica. Il bel ciborio con il quale viene portato in processione il Reliquiario, risale alla fine del XIX ed è opera di un “Artista” locale: il mastro falegname Josafat Coderoni. LA STORIA ED IL CULTO È sicuramente l’opera d’arte a cui i leonessani sono più attaccati poiché custodisce il Cuore incorrotto del loro Santo concittadino. Il viscerale attaccamento a questa reliquia è spiegabile, oltre che con i numerosi miracoli attribuitigli (basti citare quello che ridette la vista a Felice Chiaretti nel 1630), con il suo elevato valore simbolico: il Cuore infatti rappresenta il “Centro dell’essere”, la sede dell’anima e dell’interiorità dell’uomo; da esso inoltre ha scaturigine la vita spirituale e l’amore, inteso nel sesto più ampio del termine. La reliquia del Cuore di San Giuseppe – insieme a quella del sangue ed altre - fu portata da Amatrice a Leonessa il primo marzo del 1612, da Padre Filippo Alessi, guardiano del convento dei Cappuccini di Leonessa, accompagnato da Gio Alessandro Boccanera, da Lelio parente del Santo e da P. Francesco Chiodoli, cugino di San Giuseppe, che l’otto febbraio aveva inviato una missiva all’Alessi invitandolo a venire ad Amatrice per procedere alla traslazione. La piccola comitiva giunta a Leonessa con i preziosi cimeli, si recò in gran segreto nel monastero di San Giovanni per consentire a Suor Cecilia Desideri, nipote carnale del Santo, e altre monache, di rendere omaggio alle reliquie. Queste furono poi portate nel convento dei Cappuccini e chiuse in un armadio della sagrestia della chiesa, come risulta dall’elenco delle reliquie stilato nel 1629 dai giudici del processo apostolico. Di tanto in tanto i Cappuccini facevano adorare le reliquie (tra cui il Cuore) agli ammalati e non pochi furono i miracoli ad esse attribuiti (vedi “Orante d’Agostino, Vita di San Giuseppe da Leonessa, p 87-103). Il culto del Cuore di San Giuseppe si sviluppò così tanto che nel 1646 il Cardinale Francesco Maria Farnese donò ai Cappuccini un ostensorio-reliquirario d’argento per conservarvi la reliquia. Il prezioso oggetto arrivò a Leonessa nel 1651, allorché il duca di Modena, esecutore testamentario del Cardinal Farnese morto nel 1647, ve lo fece trasportare da due Cappuccini della provincia di Bologna. Il Cuore fu posto nel prezioso reliquiario solo il 6 ottobre del 1737 - quattro mesi dopo la beatificazione di San Giuseppe - dal vicario generale di Spoleto Giacomo Filippo Consoli, e continuò ad essere custodito dai Cappuccini. In occasione della beatificazione del Santo il culto del Cuore ebbe un nuovo impulso con la “Novena sopra il Cuore del Beato” composta da P. Gaetano Maria Migliorini da Bergamo (G. Chiaretti, Archivio Leonessano). Nel 1867, con la soppressione del convento, il reliquiario con il Cuore e le altre reliquie furono trasferito nel Santuario, dove ancora oggi si trovano. Nella notte del 26 maggio 1910 il prezioso oggetto fu rubato dal Santuario, gettando tutta la popolazione in un profondo stato di angoscia e costernazione. Ma il popolo di Leonessa non si scoraggiò e pregò intensamente finché la mattina del 12 giugno la preziosa reliquia non fu ritrovata nei pressi di Villa Pulcini, nel luogo dove in seguito fu eretta una cappellina a ricordo del fatto. La gente accorse numerosa, commossa e festante per accompagnare in corteo il Reliquiario nel Santuario a Leonessa. Ma qui il Pretore (ateo) Giuseppe Marella diplomaticamente convinse il popolo a portarlo in Pretura perché, disse, che costituiva il corpo del reato. Chiuso nella stanza il Reliquiario fu esaminato dal Pretore e fu allora che secondo la tradizione popolare avvenne un evento prodigioso: mentre Marella puliva il prezioso cimelio con un fazzoletto questo si macchiò di sangue; l’uomo allibì e chiese al rettore della chiesa don Giuseppe Ettorre se anche lui avesse visto le macchie di sangue, questi rispose di no. Questo fenomeno si ripeté più volte ma solo il Marella vedeva il sangue. Quello che è certo è che il Pretore si convertì, cambiò radicalmente vita, conducendo un’esistenza di preghiera, praticando l’amore per il prossimo e la carità fino all’eroismo (Raffaele Salucci Un giudice Santo, L. s. S). Dopo questi episodi la devozione del popolo leonessano verso il Cuore si accrebbe ulteriormente, trovando la sua espressione più visibile nella suggestiva e grande processione con l’insigne Reliquia, che ancora oggi si svolge - l’ultimo giorno della festa di settembre - con una strabocchevole folla di fedeli. |
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