Rieti verso l'Umbria -
verso la macro regione dell'Italia Centrale - L'esempio di
Leonessa
e del Comitato "Tutti
SiAmo Leonessa"
di Gianfranco Paris
Finalmente qualcosa si muove sotto il cielo della Sabina
reatina. Sono trascorsi 25 anni da quando il Parlamento
italiano approvò la legge per il riordino degli Enti Locali.
Una legge sostanzialmente ben fatta, ma che una classe
politica nazionale arraffona e scriteriata non ha mai voluto
applicare per la paura di perdere le posizioni di potere
locale da ciascuno raggiunte. Si parlava allora di istituire
le Aree Metropolitane e di accorpare i comuni più piccoli in
entità territoriali più grandi. Mondo Sabino prese subito la
palla a sbalzo ed indisse un convegno a Passo Corese per
spiegare ai cento comuni della Sabina reatina e romana la
portata di quella legge. Vennero in molti, e tutti a caldo
si dichiararono disposti ad un riordino del Lazio limitando
l'Area metropolitana di Roma ai confini comunali della
capitale, lasciando alle altre 4 Province del Lazio il
territorio dei comuni della Provincia di Roma. Questo
avrebbe consentito alla Provincia di Rieti di allargare il
suo territorio fino a Settebagni raggiungendo i duecentomila
abitanti previsti da quella legge per il mantenimento
dell'Ente Provincia (chi vuole saperne di più su questa
ipotesi legga il capitolo intitolato “La Provincia Sabina”
del libro “Almanacco di fine Millennio”, reperibile sul sito
www.mondosabino.it
nella edizione integrale).
Ma
l'entusiasmo iniziale fu subito freddato dai dirigenti
romani dei vari partiti che presto convinsero i proconsoli
locali a non farne niente. Loro preferivano allargare l'Area
metroplitana di Roma a tutta la ex Provincia di Roma, anzi
fin più su, come sosteneva l'allora comunista Walter TOCCI,
Vice Sindaco di Roma, nativo di Cerdomare di Poggio Moiano.
Poi le cose sono finite nel nulla, come molte buone leggi
del Parlamento italiano che sono rimaste sulla carta e il
riordino degli enti locali, che era necessario fin da
allora, è stato lasciato a marcire. Dopo tanti anni è
arrivato MONTI, colui che per volere dell'ex comunista
NAPOLITANO doveva risolvere in un battibaleno i problemi
degli italiani e che invece ci ha incasinato ancor di più
rimangiandosi in pochi mesi la fama di grande commis di
stato che si era guadagnata con molto lavoro. MONTI, anziché
abolire tutte le Province, come era giusto che fosse, ne
eliminò solo alcune accorpandole alla cieca in tutta fretta
pur di prendere una decisione, mal consigliato da coloro che
gli stavano intorno con l'avallo del gran garante del
Quirinale.
E per
noi furono dolori. Secondo loro dovevamo diventare una
dipendenza di Viterbo, ad un'ora e mezza di distanza. E così
è stato cominciando piano piano una azione di spoglio di
quelle poche cose che erano rimaste come prerogative della
provincia, proseguendo in quella spoliazione che dura fin
dagli anni sessanta del secolo scorso, da quando una
scellerata politica nazionale ha provocato la fuga dai
nostri territori della forza lavoro. E che cosa hanno fatto
in tutti questi anni i cosiddetti politici locali?
Nell'immediato dopoguerra ci fu un periodo di buona politica
di sviluppo dovuto alla salutare furbata di far inserire
nella Cassa per il Mezzogiorno il territorio dell'ex Regno
delle due Sicilie che produsse la realizzazione del Nucleo
industriale Rieti-Cittaducale e la costruzione dell'Ospedale
San Camillo DE LELLIS. E ciò si dovette per dovere di
riconoscenza a quei politici locali che, pur formatisi
durante il ventennio, dettero buona prova di se agli albori
della nuova era repubblicana. Poi arrivarono i rampanti
della mia generazione. Coloro che erano stati appena
sfiorati dai disagi della II Guerra Mondiale e che non
vedevano l'ora di prendere il posto dei vari BERNARDINETTI,
LEONARDI, COCCIA, ANDERLINI, ecc..
Sono i
campioni di questa nuova generazione, tutti nati negli anni
‘30 del secolo scorso, che hanno mancato al loro dovere nei
confronti della collettività sabina. Ne sono testimone
diretto perché anch'io negli anni ‘60 e ‘70 ne ho fatto
parte. Me ne distaccai nel 1980 quando capì che costoro
avevano altro per la loro testa più che occuparsi dei
problemi della Provincia di Rieti. E' gente che ha usato la
politica per sistemarsi, come si suol dire, facendosi anche
le scarpe l'un l'altro non tenendo nel debito conto i
vantaggi della collettività. E durante trenta anni la
Provincia di Rieti ha perduto quasi tutti gli uffici
importanti che la qualificavano come tale e soprattutto ha
perduto il Nucleo industriale Rieti-Cittaducale perché la
politica non è stata capace di dotarlo delle infrastrutture
necessarie per sopravvivere alla cessazione dei benefici
della Cassa per il Mezzogiorno. Onorevoli grandi e piccoli
(quelli regionali) godono oggi di pensioni d'oro e di
incarichi super retribuiti come premio della loro più totale
inefficienza politica, responsabili unici della morte
economica del nostro territorio.
A
questi sono poi succeduti, dopo tangentopoli, alcuni di
seconda linea che, anziché tentare di invertire questa
tendenza, si sono adattati al peggio trasferendo i loro
interessi a Roma e mettendo le cariche conquistate sul
territorio al servizio dei loro padroni romani, inondandoci
di promesse e di bugie al limite della decenza. In questi
ultimi anni è accaduto di tutto, ad ogni perdita di posti di
lavoro: promesse di interventi mai realizzati, qualche volta
si sono favorite anche delle soluzioni speculative abortite
in fallimenti, dopo aver catturato contributi dalla stato,
come nel caso della morte della Telettra. In occasione di
trasferimenti di uffici provinciali dalla città di Rieti
altrove, non sono riusciti nemmeno in un caso ad impedirlo.
Tutti sanno che a Rieti un Prefetto vero e proprio non ci
sarà più perché questa sede prefettizia non è più prevista
da quando fu abolita dal Governo MONTI e che l'ufficio del
Prefetto è stato sostituito con l'UTG (Ufficio Territoriale
del Governo). L'attuale sede è una sede periferica di quello
di Viterbo, retta da un Vice Prefetto e come tale rimarrà
fino a quando non sarà varato il nuovo riassetto del quale
siamo in attesa da MONTI in poi. Eppure il Deputato del PD
in carica continua a dichiarare che tutto rimarrà come
prima, come se niente fosse accaduto.
Ad ogni
novità in negativo corrisponde una assicurazione che non è
vero niente, mentre la realtà è ben diversa. C'è da rimanere
trasecolati! Tutti gli amministratori dei comuni della
Sabina tacciono aspettando che il fato compia il suo
destino. Oggi chiunque voglia far politica deve agganciarsi
ad un carro, e non c'è carro disposto ad accorgersi di
quello che sta accadendo. C'è una proposta in Parlamento che
in una eventuale ristrutturazione regionale ci catapulta
nella regione adriatica al di la degli Appennini, insieme al
Molise. Roba da manicomio! La stessa proposta mette il
territorio della ex Provincia di Viterbo nella Regione
appenninica insieme alla Toscana e all'Umbria, escludendo la
ex Provincia di Rieti che oggi come oggi fa parte i quella
di Viterbo, dove stanno trasferendo tutti i nostri uffici.
Non vedere queste cose, o far finta di niente, è un vero
delitto politico in danno della nostra comunità, eppure è
così. Io penso che quei quattro burattinai che manovrano nel
nostro territorio abbiano un obiettivo preciso:
ingarbugliare le cose in modo tale che alla fine verrà
proposto di inserire tutto il nostro territorio nell'Area
metropolitana romana come male minore, obiettivo nascosto
che loro perseguono fin dal 1990, con il risultato che la
Sabina diventerà tutta una nuova borgata di Roma e noi dei
nuovi borgatari.
Di
fronte a questa situazione è necessario reagire. Bisogna che
la gente si riappropri della facoltà di decidere del proprio
destino togliendo la delega a tutti costoro che non sono
degni di essere chiamati rappresentanti del popolo. L'ultima
riforma costituzionale mette a disposizione del popolo
l'istituto del referendum per chiedere il trasferimento di
un comune confinante da una regione all'altra. Leonessa ci
provò nel 2008. La cosa non riuscì per il mancato
raggiungimento del quorum per pochi voti, pur avendo
raggiunto la maggioranza dei votanti. Quel referendum però
risentì di una spinta politicizzazione dovuta alla
realizzazione degli impianti invernali di risalita del
Terminillo. Per battere il Sindaco TRANCASSINI fu posta in
essere una campagna di menzogne da far rabbrividire. Furono
spaventati i vecchietti perché avrebbero perduto la
farmacia, il trasporto regionale e le pensioni (c'è qualcuno
che conserva i volantini dell'epoca). La stessa tecnica
viene usata da tempo qui da noi per ogni cosa. Questa volta
però Leonessa ha capito la lezione. Un gruppo di volenterosi
(nella foto), che non appartengono ad alcun gruppo politico,
ha deciso di riappropriarsi del loro diritto di decidere e
ha dato il via ad una raccolta di firme per chiedere che il
Comune, questa volta per tutta la cittadinanza e non per una
parte di essa, dia corso ad un nuovo referendum per il
trasferimento di questo comune nel territorio dell'Umbria ,
della quale segua il destino in sede di istituzione delle
macroregioni di cui si parla.
In
tutta la ex Provincia di Rieti ci sono ben quattordici
comuni che confinano con l'Umbria, compreso il Comune di
Rieti che confina direttamente con il comune di Terni. Si
tratta di Rieti, Labro, Morro Reatino, Colli sul Velino,
Leonessa, Cittareale, Accumoli, Greccio, Montebuono,
Magliano Sabina, Configni, Cottanello, Vacone, Torri in
sabina. L'inserimento della Sabina nel territorio della
macroregione adriatica o nell'area metropolitana di Roma
sarebbe un colpo mortale definitivo per tutti quei comuni
che fino al 1927 fecero parte della Provincia Umbra che
comprendeva Perugia, Terni e Rieti, istituita nel 1861 al
raggiungimento della Unità nazionale. L'Umbria è la nostra
destinazione naturale, non Viterbo, né l'Abruzzo e il
Molise, e con l'Umbria la macroregione appenninica che
comprende tutta la fascia appenninica centrale a nord di
Roma. Per evitare tutto questo è necessario che questi
quattordici comuni escano dal letargo e chiedano tutti di
far parte dell'Umbria, compreso il Comune di Rieti che dista
solo venti minuti da Terni, città alla quale è legata da
evidenti interessi economici, turistici, culturali e
storici.
Questa
azione deve servire a convincere coloro che hanno la facoltà
di decidere che non saranno perdonate negligenze in sede
elettorale perché è arrivato il tempo di mettere da parte la
politica del do ut des per sostituirla con una che tenga
conto degli interessi generali di un territorio, pena la
emarginazione e il sottosviluppo. Per questo l'esempio di
Leonessa è importante, perché apre la via ad un nuovo corso
della partecipazione del popolo alla gestione della cosa
pubblica locale, come vuole la costituzione della Repubblica
italiana che, sulla scia di quella della Repubblica romana
del 1849, afferma solennemente che il potere in una
Repubblica promana dal popolo che ha il dovere di vigilare
per non farsene espropriare dai tanti furbi e furbastri di
cui è infestato il nostro Paese