Ocre, Strada per Capo D'Acqua, 17 Agosto 2015

In memoria di Assunta Vannozzi, vittima innocente dell'immane tragedia della guerra.

Dedicato, con tutto il cuore, a Luigi Montini.

La Redazione di www.leonessa.org

(Articolo di Sarina Biraghi - Su Gentile Concessione de "Il Tempo" - 18 Agosto 2015)

Assunta, vittima della furia partigiana

Accusata di essere una spia fascista, venne barbaramente uccisa a Leonessa.

Dopo 70 anni il Comune la riabilita e le dedica la strada dove fu "giustiziata".

di Sarina Biraghi

Finalmente Assunta Vannozzi ha la "sua" via a Leonessa. Non una strada qualunque, ma quella che dalla frazione di Ocre s'inoltra nei boschi e arriva a Capodacqua, proprio lì dove venne uccisa. Nel febbraio 2014, il Comitato Pro 70° Anniversario della RSI in Provincia di Rieti propose al Sindaco di Leonessa Paolo Trancassini l'intitolazione di una via; e ieri l'amministrazione comunale ha riabilitato pubblicamente la donna dedicandole proprio il luogo in cui si consumò un dramma per troppo tempo dimenticato e manipolato dalla vulgata antifascista.

La storia di Assunta Vannozzi non si legge sui libri di scuola chè anzi, fino a poco tempo fa, non era politicallly correct parlarne perchè lei, a soli 29 anni, fu barbaramente uccisa dai partigiani il 16 marzo. Da allora un silenzio complice piombò su quella giovane madre giustiziata senza un perchè e infangata ulteriormente dopo la morte.

I fatti.

Dal 26 Febbraio 1944, dopo l’uccisione del Commissario del Capo della Provincia in Leonessa Francesco Pietramico, la situazione dell’ordine pubblico sull’altopiano leonessano era andata progressivamente peggiorando. La pressione della guerriglia che sconfinava dall’Umbria fece si che, il 14 Marzo seguente, il Distaccamento della GNR – che assicurava la sicurezza in tutta la zona – venisse ritirato, in quanto considerato indifendibile. Il giorno dopo, andati via i fascisti, su Leonessa calarono i partigiani. Dopo un corteo festoso e le solite violenze, tornarono sui monti. Ormai, l’ordine era definitivamente compromesso. In questo scenario maturò uno dei più gravi e ingiustificati episodi di sangue che colpirono la provincia di Rieti in quel drammatico 1944. Il 16 Marzo, sei-sette ribelli con passamontagna e fazzoletti al viso penetrarono nell’abitazione della famiglia Vannozzi nella frazione di Capodacqua di Leonessa. Aggredirono i presenti e si scagliarono contro la giovane mamma Assunta Vannozzi di 29 anni, a letto febbricitante, accusandola di essere una “spia”. Le strapparono il figlioletto Luigino di due anni e la strascinarono in strada tra grida strazianti che fecero eco in tutta la vallata. Poi, con una spietatezza unica nel suo genere, un partigiano estrasse una pistola scaricandola contro il corpo della disgraziata piangente. Infine, il colpo di grazia alla nuca. “Giustizia” era fatta. I ribelli, infine, “prelevarono” dall’abitazione tutto quanto era asportabile e tutto quanto avesse un valore, dal corredo di nozze ai gioielli, per poi scomparire per sempre nella boscaglia dalla quale erano venuti.

Una normale spedizione partigiana diranno i più, se non fosse che la povera Assunta Vannozzi non era imputabile di nulla. Si trattò di un’esecuzione ingiustificata. Nel dopoguerra, vennero accusati dell’assassinio tre partigiani locali (gli altri non furono mai identificati): Concezio Antonelli, Mario Romano e Enzo Lucci (l’esecutore materiale). I primi due negarono ogni addebito, mentre Lucci affermò di aver agito su ordine della Brigata “Gramsci”. Poichè tutte le azioni compiute dai ribelli nel corso delle guerriglia venivano considerate "legittimi atti di guerra”, i tre vennero scarcerati. più tardi, la  Magistratura accertò che Assunta Vannozzi era innocente e che il suo assassinio fu un “errore di valutazione”. Un errore senza alcuna riabilitazione. Fino a ieri.

"Lo scorso anno, nel settantennale della tragedia - ha dichiarato Pietro Cappellari, Responsabile culturale del Comitato Pro 70° Anniversario della RSI in provincia di Rieti - siamo venuti a Leonessa con l'intento di chiedere una pubblica riabilitazione della giovasne mamma di Capodacqua. Un atto dovuto che l'intera comunità leonessana deve ad una sua concittadina uccisa troppe volte, fisicamente e moralmente.Ma anche un dovere morale nei confronti di Luigino Montini, il figlio di Assunta,(oggi scomparso) che per tutta la vita ha portato nel suo cuore i segni indelebili di quella tragedia ingiustificata".

 

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Ostia Antica, 6 Agosto 2015

 

Ci scalda il cuore il ricordo della commozione struggente di Luigi nel raccontare sua madre.

Nel raccontare del suo assurdo sacrificio, nel raccontare di una ingiustizia per troppi anni perpetrata nei confronti di una innocente.

Non si dava pace Luigi.

La strada di Capo d'Acqua diventerà per sempre via Assunta Vannozzi.

Per amor di giustizia.

Per Luigi.

Ma soprattutto per Noi.

Grazie di cuore ad Andrea Pasquali.

G.B.

Il grande cruccio di Luigi era la tragica fine di sua mamma, Assunta Vannozzi.

Da "Il Tempo", 28 dicembre 2006, articolo di Sabina Biraghi

"...la storia di Assunta Vannozzi, una donna di Capo d’Acqua di Leonessa, assassinata dai partigiani senza alcun apparente motivo. Accadde all’indomani dell'occupazione di Leonessa da parte delle forze "di liberazione", in quel territorio che nell’inverno freddo isola i piccoli centri l’uno dall'altro. Lì agivano gli uomini della "Brigata Gramsci" che operavano in quella terra di nessuno prendendo di mira i paesucoli. Il 15 marzo del 44 le camicie nere della Gnr vengono fatte rientrare, la loro presenza, come quella dei carabinieri ottocenteschi, pochi e male armati, non potevano certo contrastare i partigiani. Ma gli stessi partigiani si limitavano ad azioni dimostrative, con sfilate nei paesi, temendo l’intervento delle truppe tedesche. Il 16 marzo occupano Leonessa, tutto sommato senza troppe violenze, ma dopo poche ore il passaggio di una camionetta tedesca induce i partigiani alla ritirata sulle montagne nel timore di un intervento massiccio dell'esercito germanico. Tuttavia Leonessa, priva anche del presidio della Gnr, restava terra di nessuno, dove in pratica chiunque poteva fare quel che gli pareva. In questo clima, il giorno dell'occupazione, quattro partigiani, riconosciuti come tali nel dopoguerra, prendono e raggiungono Capo d’Acqua, poche case su per la montagna, senza nemmeno una strada. Arrivano, passando per i sentieri, entrano in una casa dove vive Assuntina Vannozzi, una donna di trent'anni con il figlioletto di due. La donna è a letto, malata, le strappano il bambino, poi la buttano dalle scale, uccidendola. Non si sa perché: la donna non aveva contatti con la Rsi, non faceva politica, era vissuta sempre in montagna. La donna, che aveva una piccola terra e qualche animale, veniva utilizzata come "rifornimento viveri" dalle bande partigiana, fino a quando, esasperata, minacciò di andare a Rieti a denunciare le vessazioni. Il figlio Luigi Montini (che peraltro al tempo aveva solo due anni e che oggi vive a Milano) "giustifica" così l'assassinio della madre: «Era vista come un potenziale nemico». Ma per quell’uccisione un vero motivo non c’era, se si escludono quelli personali, molte volte in quei mesi coperti dalla lotta partigiana per arrivare a regolamenti di conti privatissimi..."

Ora a cercare di rendere giustizia ad una delle tante vittime di una atrocità come solo sa essere la guerra, arriva l'iniziativa del Comitato pro 70° Anniversario RSI  provincia di Rieti che intende dedicare ad Assunta Vannozzi la strada che da Ocre, appunto, porta a Capodacqua.

Una Via per Assunta Vannozzi

Possiamo solo immaginare la soddisfazione di Luigi, se fosse ancora tra noi.

Non ce la fatta ad aspettare.

Ma lo vedrò sempre passare davanti al Casale in sella alla sua moto, fermarsi a salutare Guido e Natalia, chiedere se c'e qualcosa da portare a zio Venanzio e zia Iride.

E ripartire per la sua Capodacqua.

Passando per via Assunta Vannozzi.

G.B.

 

 

 

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