Pochissime parole
per un sentito ringraziamento a Nardino
Cesaretti (il grande Ce.Na.) per l'onore che
ci riserva ogni volta che sceglie le nostre
pagine per i suoi semplici, ma
grandissimi racconti di vita della
orgogliosa Gente di questa orgogliosa Terra.
Grazie Nardino,
grazie di cuore !!!
La Redazione di
www.leonessa.org
In piedi : Don Giovanni
Bertassi (preside) Di Bernardo Antonio –
Pulcini Giovanni – Conti Raffaele – Miconi
Wanda – Ombretta ….(prof.ssa) – Bonanni
Antonio – Tocchi Maria – Zen Milvia (prof.)
….. (prof.ssa) – Rauco Emilio – Rocchi
Gabriella – Marchetti Teresa – Antonelli
Franca – Assogna Margherita – Pattumelli
(prof.)
Seduti: Marchetti Mario –
Cicchetti Antonio – Nicoli Leandro –
Marsili Fiorenzo – Santucci Anna – Poli
Stefano – Zelli Felice Antonio – Don
Giuseppe Senzameno (prof.). – Chiaretti
Osvaldo –Zelli Alfonzo – Vannozzi Vincenzo –
Runci Enrico – Pontello Giuseppina
Sdraiati su un fianco: Pulcini
Marcantonio – Zelli Gregorio – Cesaretti
Bernardo (CE.NA.) – Gizzi Giovanni – Zelli
Luciano
Da Vallimpuni
Semplicemente semplice
Come era diverso il modo di
fare la spesa quando io
ero ancora uno sbarbatello Non c’erano
infatti i supermercati o i centri
commerciali ed i vari prodotti venivano
acquistati nei piccoli negozi (le botteghe)
che erano in effetti degli empori ed in ogni
frazione ce ne era almeno uno,. I miei
andavano semplicemente a fare la spesa una
volta alla settimana e tornavano a casa con
una “sporta” di paglia dove dentro c’era
tutto il necessario per 7 giorni. A
Vallimpuni c’era la bottega di Marianna
della Schiozza e a San Clemente c’erano la
bottega di Aniceto (poi di Romolo), quella
di Ulisse e quella di Angelino Paiella
In quei negozi era possibile comprare
di tutto; il pane, la conserva per fare il
sugo, la pasta sfusa, la mortadella, lo
zucchero, il caffè, le spezie, la carne, il
lievito, il rocchetto di filo per cucire,
gli aghi, le spille , le fettucce, le calze,
i reggicalze, le stoffe, la frutta, le
caramelle, la cioccolata a tocchi, il lucido
per le scarpe, le saponette, la brillantina
Linetti, l’ammazzamosche, il DDT e perfino
l’alcol per fare distillati e liquori in
casa per le feste natalizie.. Il latte , i
formaggi e gli insaccati quasi non
comparivano in questi negozi perché ognuno
ne aveva di se già in casa
Occasionalmente passavano dei
venditori ambulanti con dei piccoli
camioncini che esponevano le loro merci su
piccoli banchi in tante scatoline ormai
grigie dal tempo e dal quotidiano carica e
scarica . Apparivano così , merletti e fili,
bottoni e forbici, coltellini e specchietti,
mutande e reggiseni, . In estate nel
pomeriggio, passava anche “Lu gelataru” che
veniva con una lambretta furgonata da Posta.
Sul cassone molto caratteristico un grosso
contenitore per il gelato era sovrastato da
due caratteristici coperchi di alluminio. Un
cono costava solo 10 lire e se non avevi le
10 lire andavi a rubare l’uovo “la lu
padullu”( il tuo o della nonna) e in cambio
di un uovo fresco Rufino ti preparava un bel
cono gelato che era buonissimo anche se il
gusto era semplicemente sempre e solo uno
Oltre al modo di fare la spesa era
semplicemente semplice anche lo
stile di vita. Molte cose
venivano preparate in casa: vestiti, maglie
di lana , maglioni, calzini( li pedalini)
Li pedalini di lana venivano fatti con
i ferri corti ed erano un’opera d’arte con
tanto di “cannolè” con due maglie a dritto e
due a rovescio, con tanto di “cargagnu” e
con la soletta quasi sempre realizzata con
una lana “più gnerta” . Quando li pedalini
si consumavano, con pazienza le nostre mamme
“repijavanu le maji co li ferri e refacianu
li cargagni e le solette. Giorni fa ho
incontrato a Leonessa una signora, mia
coetanea, che ora vive a Roma che mi ha
regalato “un paru de pedalini recarzati” .
Grazie di cuore perché sono bellissimi ….
Un’opera d’arte fatta dalle nostre mamme con
quelle mani mai sporche di smalto e sempre
segnate dai lavori dei campi . Quelle mani
veloci a sferruzzare anche quando, con il
canestro in testa, le nostre mamme andavano
a portare il pranzo nei campi ai mietitori o
al bifolco che arava.
In casa veniva fatta anche la pasta,(
fettuccine , ciciarelli, sfusellati,
tagliolini), come pure si lavorava la carne
di maiale per fare prosciutti, salsicce,
salami e “sfrizzuli” che altro non erano che
grasselli da mettere nella pizza; sempre
fatta in casa.
A volte si faceva anche il sapone
utilizzando il grasso di maiale che poi
veniva fatto bollire con soda per ottenere
sapone per lavarsi e fare il bucato.
C’erano anche numerose attività artigianali
ambulanti che transitavano per i nostri
paesi. Spesso si sentiva gridare in strada
l’ombrellaio che aggiustava gli ombrelli , i
piatti di coccio e le brocche; oppure
l’arrotino che affilava coltelli e forbici.
Passava anche “lu callalaru” che riparava e
ristagnava i caldai . Passavano poi, i
cordari, i sediari e i calzolai.
Passava anche un vecchietto che per 5
lire ti consegnava “ La pianeta”. Questo
vecchietto portava a tracolla una gabbiette
di legno con dentro un pappagallino
ammaestrato. Appena ricevute le 5 lire, lui
apriva un cassettino sottostante e solidale
con la gabbietta pieno di ordinatissimi
foglietti colorati , apriva la finestrina
della gabbia in modo che il pappagallino si
posasse sopra il cassettino aperto e con il
becco prendesse un solo foglietto dei
tantissimi presenti. Su quel foglietto
(appunto la pianeta) c’era scritto il tuo
avvenire, le tue fortune, i tuoi amori, la
tua vita sempre bella, positiva e così
semplicemente semplice.
Anche alcune attività industriali
c’erano in quegli anni. Chi non ha avuto un
parente che lavorava da Bosi
Semplicemente le giornate
trascorrevano al lavoro per gli adulti
mentre i bambini andavano a scuola. La
famiglia si ritrovava riunita sempre per il
pranzo. La cena si faceva molto presto e si
andava a dormire alle 21.00 sopratutto
d’inverno dato che mancava anche il
riscaldamento.
In primavera e in estate i bambini giocavano
in strada perché non c’erano pericoli.
Le strade non erano asfaltate ma bianche e
polverose ; la via principale del paese era
“ sergiata” . I lampioni erano pochi ed
erano fatti semplicemente solo di una
lampadina. A volte ci si divertiva a tirare
i sassi per rompere la lampadina. Le
macchine erano molto poche, e l’ autobus
“passava là la strada romana” . I mezzi di
trasporto erano la somara, la bicicletta, la
motocicletta , il sidecar , la vignarola.,
il carretto e la barozza
I pasti erano
molto frugali: a pranzo si mangiava minestra
o pasta ed era sempre presente “lo battutu”
(lardo o grasso e magro di pancetta
tagliuzzato finemente e poi soffritto) ,
qualche erba aromatica (ricordo che si usava
“lo beccamorto”), acqua e sale), il secondo
non c’era quasi mai. Alla sera si mangiava
la carne di pecora che era stata utilizzata
per preparare il brodo del giorno oppure si
mangiava mortadella e, raramente, gli
insaccati perché quelli andavano riposti per
quando arrivavano i parenti da Roma.
Il pesce lo si acquistava solo quando
arrivava il pescivendolo di Rivodutri che
portava sardine e pesce azzurro. La cena
d’inverno era costituita sopratutto da
legumi. Si mangiavano molti contorni a base
di patate, cavolfiori, insalate ed erbe di
campo raccolte dalla mamma e dalla nonna.
Spesso era presente la mela che ti regalava
quel sapore e profumo che ora non esistono
più.
Le merende erano a base di panzanella, cioè
pane – acetello e poco olio, oppure pane e
mezzo pomodoro, oppure pane e zucchero,
oppure pane e ricotta . Alla domenica il
pasto non era molto diverso. L’unica cosa
che cambiava era la presenza della pasta, a
volte fatta in casa, al posto della
minestra.
Molto seguite erano le vigilie dove i pasti
venivano saltati per rispettare il digiuno.
Durante le feste di Natale, Pasqua e del
Patrono i pasti diventavano invece più
ricchi infatti comparivano carni arrostite e
dolci fatti in casa come il ciambellone le
crostate e raramente la zuppa inglese. A
carnevale si era soliti preparare castagnole
e frappe mentre a San Giuseppe si facevano
“li frittelli leviti”.
Gli elettrodomestici
non c’erano oppure erano molto rudimentali.
Nessuno aveva la televisione in casa quindi
si andava da Ulisse e dopo qualche anno
anche da Romolo a vedere trasmissioni come
ad esempio “lascia o raddoppia”,””il
musichiere” e gli incontri di pugilato
(famoso quello di Mario Dagata). Quasi tutti
avevano invece la radio per ascoltare le
prime trasmissioni come ad esempio “Bianco e
Nero” con Corrado, “ La voce degli
emigranti” la domenica mattina ed il
Notiziario. Al posto dell’attuale stereo
c’era il grammofono.
Non c’era la lavatrice e quindi il bucato
veniva lavato a mano andando al lavatoio con
i panni nella cesta e con il sapone fatto in
casa.
Mancava anche il frigorifero così in estate
per mantenerlo fresco il cibo si metteva in
cantina (la vota)
D’inverno le case venivano riscaldate
con stufe a legna e con dei bracieri nelle
varie stanze perché mancavano i termosifoni.
D’inverno per scaldare il letto si usava “
lu prete “ , cioè una struttura in legno
dove si appoggiava un braciere. Alcuni
usavano andare a letto con un mattone
preriscaldato sopra la stufa a legna o con
un bottiglione di acqua calda.
I giochi all’aria aperta erano
fantasiosi e semplici. Campana, corda e
nascondino con tana libera tutti ; questi
erano i giochi preferiti ma si giocava anche
“a palline”, “figurine” e “battimuro”.
Si andava sempre alla messa della
domenica e a tutte le funzioni religiose
dove tutti a turno facevamo i chierichetti e
rigorosamente tutte le donne portavano in
testa un fazzoletto a volte di seta Io al
cinema sono andato la prima volta che avevo
già 12 anni e frequentavo la scuola media di
Leonessa. Ci portarono a vedere “I 10
Comandamenti “
La mia classe elementare è sempre
stata una pluriclasse ed indossavamo tutti
il grembiule con tanto di colletto bianco e
di fiocco azzurro spesso inamidato.
Terminata la scuola elementare per
iscriversi alla scuola media si doveva
sostenere un esame di ammissione oppure si
poteva scegliere di frequentare
l’avviamento. La scuola media e l’avviamento
avevano la stessa durata ma solo la scuola
media abilitava ai licei o all’istituto
tecnico commerciale o altri istituti. |