L'Assemblea Costituente del Comitato per il SI ,riunitasi a Leonessa il 9 ottobre 2008, ha designato all'unanimità portavoce l'Avvocato Paolo Trancassini. Il suo discorso, che qui viene riportato insieme all'audio integrale dell' Assemblea, rappresenta un grande momento di riflessione sulla recente, travagliata storia della nostra bella città Leonessa e getta le basi di un futuro sicuramente migliore.. Rappresenta soprattutto un ulteriore atto d'amore per questa terra. Noi siamo assolutamente consapevoli che Leonessa non può permettersi il lusso di affrontare la futura integrazione in Umbria senza un politico del calibro di Paolo Trancassini. Ci associamo al Comitato per il NO nel ringraziare sinceramente Gianni Bolletta e la redazione di www.leonessa.org per il formidabile ed instancabile lavoro, sempre all'insegna della massima obiettività e trasparenza. Leonessa in Umbria ! Comitato per il SI
Millecentoquarantatrè… e siamo in Umbria 1143: è questo il quorum necessario a rendere valido il referendum che il Comune di Leonessa ha promosso per il passaggio alla Regione Umbria. Il 50 per cento degli aventi diritto al voto, più uno, che «dovremo conquistarci porta a porta, in una campagna che non sarà elettorale» ricorda Paolo Trancassini in un’aula stracolma dell’Auditorum S. Lucia. Un incontro, quello di ieri ( 9 ottobre 2008, ndr), per costituire il ‘Comitato del sì’ che segue di poco quello del ‘no’, contrario alla secessione, guidato dall'avvocato Giuseppe La Bella. «Non sarò breve», annuncia il consigliere provinciale di An, sindaco di Leonessa per due mandati. E non lo è stato. Quaranta minuti, in una sala muta, gli sono serviti per ripercorrere ogni tappa di un tragitto che ha portato i leonessani ad eleggersi proprietari di sè stessi, a tentare di sfuggire ai meccanismi della politica, quella, che a sentir loro, li ha «danneggiati per anni». «Questa sarà una sfida difficile, una sfida di numeri, per una campagna che sarà durissima» è l’attacco del discorso di Trancassini, che non vuole essere politico e che anticipa una precisazione «importante, forte, chiara, per tutti: questo referendum non ha colori, non ha appartenenze politiche. Non è il referendum di una parte politica e non è la critica ad un’altra parte politica. Questo deve essere chiaro a tutti quelli che tentano di mettere il cappello a questa o quella parte che si confronterà al referendum. E non lo dico per convenienza, ma perché questa è una scelta di territorio. Una specie di riunione di famiglia in cui decidere quello che dobbiamo fare con quei quattro soldi che abbiamo accantonato, magari in una situazione di congiuntura economica particolarmente difficile. E se proprio vogliamo dare i colori a questo referendum, devono essere quelli del nostro stemma, il giallo blu, e non c’è spazio per nessuna altra colorazione politica». Parte subito all’attacco Trancassini e si rivolge a coloro «che tentano di sporcarlo questo referendum» riferendosi ai numerosi comunicati stampa «molto forti, violenti, con aggressioni anche personali» apparsi in questi giorni. «Questo credo non sia giusto, al di la della mia naturale predisposizione alla polemica. Quello che noi andiamo a decidere il 30 novembre merita una serenità ed una decisione che con la polemica di carattere personale non può, e non deve entrarci niente». Mette subito i ‘puntini sulle i’: «Un’altra cosa non permetteremo: questa non sarà una sorta di prova generale per chi vuole diventare sindaco, assessore o consigliere comunale, qui a Leonessa. Perché questa non è una competizione elettorale, non ci sono schieramenti politici: questa è una campagna elettorale che si gioca sul futuro di un territorio e della sua appartenenza». Trancassini è sicuro «della maturità politica di questo paese, ma non so se la gente ci seguirà in questa battaglia. Non lo so se vinceremo con un quorum molto alto. Ma sono sicuro che questo è un paese estremamente maturo dal punto di vista politico, della possibilità di sviluppo, della volontà di crescita. Siamo esasperati dal confronto con un territorio tutto sommato ostile; penso alle difficoltà della viabilità, a quelle per fare gli artigiani, i commercianti, gli agricoltori. Tutto questo ci ha ‘maturato’ politicamente». Racconta dei tanti motivi che stanno alla base di questa scelta «estremamente sofferta». «Ci siamo sempre sentiti un po’ di troppo in questa provincia, in questa Regione. Una terra di confine. Non ci siamo mai sentiti particolarmente amati. I sentimenti diffusi di questi giorni, quello che abbiamo letto sui giornali di Magliano Sabino, di Amatrice, di Accumoli di Borgorose: ma possibile che tutti quanti abbiano qualcosa da dire e che oggi per qualsiasi cosa che non ci torna, a livello locale, brandiamo la bandiera della secessione. Non è così. È che tutti quanti hanno capito che la Provincia di Rieti non c’è, non esiste, è virtuale. Ed è virtuale non solo per quella che è l’attuale amministrazione, ma perché lo è sempre stato». Interroga i presenti Trancassini: «Qual è il modello di sviluppo della provincia di Rieti? Se vi dovessero chiedere cosa fate in provincia di Rieti? Cosa dovremmo rispondere, in cosa siamo specializzati? In niente. Perché in ottant’anni, noi, non abbiamo costruito niente. Non abbiamo mai avuto la capacità di fare una politica di territorio, di cercare di tirare fuori dal territorio quello che c’è. Non siamo una provincia di agricoltori, non siamo una provincia che fa turismo». «La provincia di Rieti ha due record nazionali: è l’unica a non essere stata toccata da un autostrada ed è l’unica che può vantarsi di avere tutte le offerte turistiche nel momento in cui assimiliamo il lago al mare. Noi siamo l’unica provincia d’Italia che ha (che potrebbe avere) un turismo religioso, che potrebbe avere un turismo legato alla montagna, al lago, alla collina, fatto di prodotti tipici. Li abbiamo tutti. Ma abbiamo sviluppato, abbiamo investito? Abbiamo creato qualcosa su tutto questo?». Per Trancassini le cause dell’arretratezza provinciale sono i motivi per cui «la gente si sta svegliando ed ecco perché io sono convinto che quello che oggi noi stiamo scrivendo a Leonessa è qualcosa di incredibilmente importante per tutti. Noi la dobbiamo svegliare questa gente. Non dobbiamo arrivare alla disgregazione della provincia, non ci interessa. Noi non dobbiamo sperare che tutti quanti se ne vadano. Dobbiamo sperare che Leonessa risolva i suoi problemi e io sono certo che questa grandissima lezione di democrazia e di politica seria faccia sì che tutti si sveglino e capiscano che questi territori hanno necessariamente bisogno, finalmente, di una politica seria e di una politica per il territorio». Arriva al motivo principale, quello che ha smosso gli animi di tanti leonessani. A quel “litro” (non la goccia) «che ha fatto traboccare il vaso. Perché la storia degli impianti di risalita di Leonessa è una vergogna di proporzioni stratosferiche. E qui ritroviamo il disinteresse, la sciatteria, la non appartenenza ad un territorio, il non capire che quello che promuove Leonessa non è il progetto di Leonessa, è il progetto del Terminillo, è il progetto della provincia di Rieti, è la connotazione di un territorio». «Ciò che ci ha spinto a chiedere il referendum non è un ‘no’, - prosegue il consigliere provinciale – il motivo è che voi non siete stati degni nemmeno di una risposta negativa. Non ci è stato mai detto ‘no’. E quello che è più grave è che ci siamo sentiti dire, da tutti, “bravi”. Da tutti; non c’è un politico dello schieramento regionale che non ci abbia detto bravi; “questa cosa bisogna farla”, compreso l’assessore all’Ambiente Zaratti, Un verde». «La politica si sta muovendo - annuncia l’ex sindaco di Leonessa - sta tentando di farci cambiare idea. La cambieremo idea? È difficile. Quasi impossibile. Ma poiché il nostro è un territorio che ha bisogno di risposte, interrogandosi con la famiglia per decidere quello che dobbiamo fare, noi dobbiamo essere sempre attenti a quello che succede intorno a noi. Io sono sicuro che la politica non può darci in 20 giorni quelle risposte che non ci ha dato in 20 anni. Ma sento la responsabilità di ascoltare e di riferire in modo che tutto quello che ci viene proposto possa essere vagliato insieme a voi». Si avvia alle conclusioni, quelle che in questi casi sono sempre dirette e non vanno lette tra le righe. Fa riferimento alle dichiarazione del ‘Comitato del no’, «del comitato del ‘non so’», ed alle profetiche affermazioni che anticipano il ‘Trancassini venduto’ “per un piatto di lenticchie riscaldate”. «Provengo da una famiglia di
ristoratori – commenta il consigliere provinciale - me ne accorgerei se
sono riscaldate». E, rimanendo in tema di ristoranti e piatti tipici, la
riflessione finale lo spinge a credere «che questa sia l’occasione vera,
importante, per far capire a tutti i nostri politici che dopo cento anni
di voti, di tessere, di manifestazioni, di marchette, di disponibilità,
di manifesti… è ora di pagare il conto. E noi dobbiamo avere la capacità
di far pagare il conto, e salato, a tutta questa gente, dimostrando che
siamo pronti e decisi ad andare in una realtà più piccola, più a misura
nostra, per avere la possibilità di scegliere e di fare politica in una
regione che non ci dà grandi e precise garanzie, ma ci dà la cosa più
importante: la misura, e insieme la possibilità di parlare e saper
imporre quelle che sono le nostre aspettative. E dato che le aspettative
di Leonessa sono grandi e importanti come tutto quello che abbiamo
costruito, noi questo passo lo dobbiamo fare. Facciamoglielo pagare il
conto, tutti quanti insieme». (Andrea Magliano "www.ilgiornaledirieti.it")
Comitato Referendario per il SI
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